Francia: Sarkozy recupera, ma Hollande resta in vantaggio

Si accende un barlume di speranza tra gli elettori della destra sarkozyana. Ieri, a due giorni dal ballottaggio per le presidenziali, che si terrà domani, l’ultima rilevazione Ifop dava il presidente uscente Nicolas Sarkozy al 48%, contro il 52% del socialista François Hollande. Rispetto a qualche settimana fa, quando lo scarto era niente di meno che di otto punti, siamo a una differenza contenuta, anche se molto difficilmente sarà possibile annullare il divario. “Le jeux sont faits”, direbbero i francesi. Ormai, Sarkozy sembrerebbe spacciato e il socialista ragiona come se fosse già il prossimo presidente.

Ma entrambi considerano i sondaggi come qualcosa a cui non affidarsi del tutto. Lo stesso Hollande, che risulta da sempre favorito, ha invitato ieri i suoi elettori a non dare nulla per scontato, paventando il rischio che alcuni suoi simpatizzanti, rilassati per una vittoria considerata certa, possano decidere di non andare a votare, mettendo a rischio il risultato.

E se i socialisti chiamano alla mobilitazione, non da meno ha fatto Sarkozy dal suo ultimo comizio in Vandea, dove se l’è presa con la stampa transalpina, che tiferebbe spudoratamente per il suo rivale e vorrebbe imporre ai francesi il “suo” presidente. Il presidente uscente si è detto vittima di una campagna orchestrata di razzismo culturale e personale nei suoi confronti. Ha invitato i suoi elettori ad andare a votare, perché i sondaggi non direbbero la verità. La vittoria, ha affermato, sarà giocata sul filo di lana e strappata con i denti. E nel tentativo di racimolare qualche voto alla sua destra, tra gli elettori che al primo turno hanno scelto Marine Le Pen, si è detto favorevole a un cambio di regole per le frontiere, rimettendo in discussione il Trattato di Schengen.

E ancora. Sarkozy ha citato Papa Giovanni Paolo II, dichiarandosi contrario all’eutanasia e affermando che i cristiani d’Oriente sono perseguitati. Anche in questo caso, si tratta di un palese tentativo di recuperare a destra e tra i cattolici, elettori che non ha certamente coccolato in questi ultimi cinque anni.

Il problema, tuttavia, si chiama anche François Bayrou. Il leader centrista, che al primo turno ha ottenuto un magro 9,1%, si è espresso in favore di Hollande, appena ieri, sciogliendo la riserva, che andava avanti da mesi. Il suo è stato un atto di pura astuzia opportunistica, visto che la scelta è stata determinata con un occhio ai sondaggi e l’altro pure.

Per questo, domani sarà molto difficile che Sarkozy ce la faccia. In suo favore non si è espresso praticamente nessuno, al di fuori del suo partito, l’Ump. Il Fronte Nazionale non ha dato alcuna indicazione di voto, facendo pesare sull’Ump la loro chiusura a qualsiasi forma di intesa o alleanza. I centristi hanno preferito appoggiare il più malleabile Hollande, così come scontato è arrivato il sostegno al socialista da parte dei Verdi e delle formazioni comuniste e della sinistra radicale di Mélénchon.

Sarkozy ha dovuto combattere questa battaglia da solo, con il sostegno nemmeno tanto convinto del suo partito, che da tempo nutre dubbi sulle sue capacità di leader. L’abbraccio con il cancelliere Angela Merkel gli è stato fatale, malgrado dovesse essere l’asso vincente della sua cavalcata trionfale in campagna elettorale.

Un boomerang il suo atteggiamento anti-italiano e pro-tedesco. Gli elettori lo hanno avvertito come uno sciacquino nelle mani dei tedeschi e lontano dalle istanze nazionali francesi.

Paradossalmente, domani chi voterà Hollande lo farà in testa sua anche per difendere una certa autonomia di pensiero di Parigi da Berlino. A questo ha portato un mandato incolore e insipido di Monsieur Sarkò, che pure aveva suscitato molte speranze tra quanti lo guardarono cinque anni fa come un nuovo leader della destra economica (e non solo) europea.

Gli stessi tedeschi non credono più ormai nella sua vittoria e da giorni hanno preso contatti informali con lo staff di Hollande. Rapporti diplomatici con la cancelleria di Berlino, rassicurata sul fatto che Hollande non chiederà uno stravolgimento del Fiscal Compact, ma l’aggiunta di una nota a piè di pagina, riguardante l’impegno degli stati nazionali a sostenere la crescita e l’occupazione.

Ben più importante per i francesi è sapere chi potrebbe essere il prossimo primo ministro. In realtà, bisognerà attendere le elezioni legislative del 10 e 17 giugno, ma se i socialisti dovesse confermare l’ottimo momento, allora anche il capo del governo sarà loro. E a quel punto si aprirebbe la possibilità del primo premier donna, con Martine Aubry favorita.

La donna coprirebbe a sinistra Hollande, famosa per essere stata il ministro delle 35 ore di lavoro settimanali (un vero fallimento di cui nemmeno si parla più!). Tuttavia, lo scarso risultato ottenuto dal Front de la Gauche di Jean-Luc Mélénchon potrebbe anche spingere Hollande a propendere per una figura di maggiore credito al centro, visto che non si sarebbe materializzato lo spettro di una fuga di voti a sinistra.

Ma questi sono equilibri delle prossime settimane. Intanto, bisognerà iniziare con il primo terremoto politico di domani:  i socialisti tornerebbero all’Eliseo dopo 17 anni, per la seconda volta nella storia della Quinta Repubblica.

 

 

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