GB, batosta per Cameron alle amministrative. Leadership a rischio

Il Partito Conservatore del premier britannico David Cameron ha subito una vera batosta alle elezioni amministrative di due giorni fa. Ora che i risultati iniziano ad essere definitivi, con uno spoglio andato maledettamente a rilento, il colpo subito dai Tory si è materializzato in percentuali più dure del previsto. Complessivamente, a questa tornata, i conservatori sono scesi al 31%, i laburisti di Ed Milliband sono cresciuti al 39%, mentre i liberal-democratici di Nick Clegg, al governo con i Tory hanno ottenuto il loro peggior risultato dall’anno della loro fondazione, nel 1988, con un magro 16%.

In termini di seggi, la situazione è stata netta e drammatica per la destra al governo. I Tory hanno perso 12 consigli comunali e 395 consiglieri, mentre i laburisti avanzano nettamente in 30 comuni e guadagnano 769 consiglieri. Molto male anche i libdem, che perdono oltre 300 consiglieri comunali. In tutto, si votava per rinnovare 128 consigli comunali in Inghilterra, 32 in Scozia e 21 in Galles. Per quanto i britannici siano tradizionalmente “tiepidi” sulla partecipazione al voto, fa clamore la bassa affluenza, visto che si è recato ai seggi solo il 32% degli aventi diritto, la percentuale più nassa dal 2000.

Il risultato è stato devastante per Cameron, che si può consolare, ma mica tanto, con l’unica vittoria tra le grandi città, quella della capitale, a Londra, dove il conservatore Boris Johnson, sindaco uscente, è riuscito ad imporsi al primo turno sull’avversario e già due volte sindaco, il laburista Ken Livingstone. Non ci sarà bisogno del ballottaggio, anche lo spoglio ha proceduto al cardiopalma. Per il resto, Cameron è stato trafitto ovunque. Ma quel che è peggio, ha perso persino nel suo collegio, cioè nella costituency di Oxfordshire. Non solo. Il premier ha anche fatto campagna elettorale in favore del referendum per l’elezione diretta del sindaco, con lo slogan: “Un Johnson in ogni comune”. Tuttavia, malgrado ci abbia messo la faccia, le grandi città gli hanno votato tutte contro, con la sola eccezione di Bristol. Per il resto, il referendum è stato bocciato a Birmingham, Bradford, Coventry, Leeds, Manchester, Newcastle, Nottingham, Sheffield.

Insomma, peggio di così per i conservatori non poteva andare. Da buon britannico, Cameron ha incassato la sconfitta, sostenendo che questi sarebbero i tempi più duri da 80 anni a questa parte e che non ci sono risposte facili a problemi difficili. Anche il suo vice, Nick Clegg, ha parlato di continuare a riformare lo stato e l’economia, ribadendo lealtà al governo: “Non sarà cancellato tutto in una notte”.

In realtà, la situazione politica è molto seria e già s’intravedono possibili frizioni, che potranno portare alla caduta anticipata del governo. Lo stesso premier avrebbe sostenuto in privato che la crisi di consenso per il partito sarebbe dovuta alla politica di tagli selvaggi del suo Cancelliere dello Scacchiere (nostro ministro dell’economia), George Osborne.

Ma anche la stessa vittoria di Londra sembra suggerire un’interpretazione diversa da quella ufficiale. Johnson ha vinto non in qualità di conservatore, bensì di rivale interno di Cameron. Durante la campagna elettorale, il sindaco uscente ha più volte invitato gli elettori a votarlo “anche se sono conservatore”. Non solo. Il primo cittadino londinese è da tempo un critico del premier, la cui figura inizia a vacillare tra quanti lo considerano poco conservatore e incline ad allontanare il partito dalle sue posizioni tradizionali, come sul tema sensibile dei matrimoni gay.

Per dirla tutta, Cameron rischia di essere spodestato a destra e proprio Johnson potrebbe ambire alla segreteria nazionale, quindi, alla premiership, potendo vantare l’unico grosso risultato per i Tory nel bel mezzo di una catastrofe elettorale.

C’è poi un altro grosso problema, che è destinato a trovare un epilogo, una volta per tutte. Dopo l’ottimo risultato del maggio 2010, i LibDem hanno solo riscontrato dure batoste elettorali, come al referendum dello scorso anno, quando Clegg è stato sconfitto sulla proposta di una nuova legge elettorale a lui più favorevole.

Gli elettori sembrano non avere gradito la scelta di Clegg di portare il partito in una maggioranza inedita per i Tory, formando il primo governo di coalizione dai tempi di Winston Churchill. L’alleanza di rese necessaria a causa dei seggi insufficienti per i Tory a formare una maggioranza autonoma.

Ma con questo trend, i LibDem rischiano di nemmeno entrare alla Camera dei Comuni alle prossime politiche, per cui da ora in avanti essi inizieranno ad alzare molto probabilmente i toni dello scontro interno, al fine di ottenere maggiore credibilità e visibilità pubblica.

Il governo è riuscito già lo scorso anno a scampare la caduta, in seguito allo scoppio dello scandalo intercettazioni ad opera di Newsweek del magnate australiano Rupert Murdoch, vicinissimo ai conservatori e allo stesso premier.

Dall’altra parte della barricata, Milliband è raggiante e non potrebbe essere altrimenti. Dotato di scarso carisma e appeal (sono accuse interne allo stesso Labour Party), adesso il segretario può vantare l’ottimo risultato e rafforzare la leadership, in vista delle elezioni politiche, che al più tardi giungerebbero tra tre anni.

 

 

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