Allarme spread, ma tiene asta BTp. Grecia fa paura

Una seduta molto difficile, quella che si è avuta oggi sui mercati finanziari di tutto il Vecchio Continente. D’altronde, dopo il precipitare della crisi politica greca, quanto sta avvenendo era piuttosto scontato. In apertura, lo spread si è immediatamente allargato dai precedenti 417 punti base di differenziale di rendimento tra i BTp decennali e gli omologhi Bund tedeschi fino in area 450 bp, come mostrava il grafico a metà seduta, sul mercato secondario. Il divario si è poi lievemente ristretto, ma resta il fatto che siamo ai livelli massimi dallo scorso 20 gennaio. In sostanza, la situazione è a dir poco sconfortante. E non è casuale che in una seduta drammatica come questa, l’esito del collocamento dei nostri titoli sul primario è stato accolto positivamente, nonostante non si tratti di un dato positivo in sé.

Oggi, infatti, il Tesoro ha collocato 3,5 miliardi di BTp triennali, con scadenza marzo 2015. Il rendimento medio lordo è lievemente cresciuto, passando dal 3,89% al 3,91%, ma restando sotto il 4% che la stessa scadenza offriva sul secondario. Proprio questo dato ha rincuorato gli investitori, che sottolineano proprio la domanda sostenuta sul tratto medio-lungo della curva delle scadenze italiane, migliore della situazione spagnola. Semmai, il divario sui Bund tedeschi mostra un andamento peggiore della Spagna per il tratto fino a due anni. Un dato su tutti: lo spread Bonos/Bund decennale è già a 490 punti base.

Il Tesoro ha poi anche collocato 1,75 miliardi in titoli off-the-run, con scadenza marzo 2020, marzo 2022 e marzo 2025. Anche in questo caso l’esito è stato salutato positivamente, se non altro perché lo stato è riuscito a piazzare l’importo massimo previsto per la forchetta 1-1,75 miliardi. Ma anche la Spagna oggi ha fatto i conti con il mercato primario, piazzando 2,9 miliardi di Bonos a 12 e 18 mesi. I primi sono stati collocati per 2,192 miliardi e a un rendimento in crescita dal precedente 2,623% al 2,985%, mentre quelli a 18 mesi sono stati emessi per 711 milioni e a un rendimento del 3,3%, contro il 3,11% precedente. Aumenti anche in questo caso dei tassi, ma non in modo drammatico, anche se nel caso spagnolo la domanda è stata meno vivace, con entrambi i casi di rapporti di copertura al ribasso: da 2,9 a 1,8; da 3,8 a 3,2.

Ma la passione delle borse e dei bond semi-periferici è destinata, purtroppo, a proseguire, causata ora più che mai dal timore dell’uscita della Grecia dall’euro e da una bancarotta incontrollata, che potrebbe avere conseguenze disastrose proprio sulle aziende italiane, spagnole e portoghese, spingendole al default.

Pesa anche il pessimo risultato del partito del cancelliere Angela Merkel nel Nord Reno-Vestfalia, che lascia presagire alla possibilità che il Fiscal Compact venga addolcito, che è poi il timore più grande dei mercati.

Un mix di motivazioni, quindi, che hanno riportato l’Italia indietro di quattro mesi con le lancette, bruciando almeno un paio di mesi di correzioni al ribasso dello spread e dei rendimenti assoluti. Si pensi che agli inizi di marzo, il rendimento dei BTp decennali sul “grey market” era sotto il 5%, mentre oggi ha quasi sfiorato il 6%, attestandosi in area 5,94%.

A poco è valso oggi l’appello del responsabile strategist di Credit Suisse, Jonathan Wilmot, a comprare BTp e Bonos, fiducioso della ripresa della crescita in Europa, per effetto del trascinamento da parte del resto del mondo. L’ottimismo del colosso bancario elvetico non sembra affatto condiviso, anche perché dopo il caso JP Morgan Chase, sono in pochi coloro che si vorranno scommettere, puntando sul rischio.

Infine, tra gli investitori c’è la sensazione che i governi stiano sottovalutando i rischi di un addio greco all’euro. Non solo avrebbe ripercussioni dirette sull’economia del resto dell’Eurozona, ma anche lo stesso contraccolpo psicologico potrebbe essere devastante e travolgere tutta l’impalcatura su cui regge la moneta unica.

Per questo, nelle prossime ore i listini delle borse e i rendimenti dei titoli di stato saranno decisi ad Atene, dove le consultazioni per formare un governo di unità nazionale proseguono fino alla tarda serata di oggi, ma quasi certamente saranno infruttuose, lasciando sul tavolo l’unica opzione del ritorno al voto. In quel caso, si paventa la possibilità molto concreta che Atene esca dall’euro, a cui già si starebbe preparando.

E la borsa ellenica perdeva poco prima della chiusura oltre il 5%, con tendenza all’accelerazione negativa. Ci sono, in pratica, tutti gli ingredienti per fare esplodere i mercati dei bond, con l’Italia che potrebbe vedere nelle prossime ore di contrattazione sfondare quota 500 punti nello spread.

Ne sono consapevoli tutti e le grandi banche già ragionano in termini di impatto di un addio all’euro anche di Italia, Spagna e Portogallo. Insomma, la situazione è molto critica e la china pericolosa. L’unico punto in favore del nostro Paese è l’assenza di ulteriori aste di BoT e BTp nelle prossime due settimane, cosa che ci eviterà di dovere per il momento emettere titoli nella fase più acuta di crisi, magari a rendimenti esorbitanti. Ma va da sé che se Atene torna alla dracma, tale fase è destinata a durare parecchio tempo.

 

 

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