Maroni: forse Lega non si presenta alle politiche. Tosi vuole cacciare Bossi

Ma la Lega esiste ancora? La bufera giudiziaria che si è abbattuta sul Carroccio, poco più di un mese e mezzo fa ha fatto certamente implodere uno dei partiti più solidi e radicati sul territorio, che pure esisteva da 25 anni e vantava e vanta tutt’ora il primato di essere la formazione politica più anziana, visto che tutti gli altri partiti sono nati dalle ceneri della Prima Repubblica o hanno, intanto, cambiato pelle. Ma le elezioni amministrative di domenica e lunedì hanno confermato il peggiore degli scenari, che già si era evidenziato al primo turno. Ai ballottaggi c’erano sette candidati sindaci della Lega, che avrebbe scommesso su almeno parte di queste città. Invece, il responso è stato maledettamente impietoso: il Carroccio ha perso in tutte e sette le città al voto. La segreteria federale avrebbe avuto qualche speranza almeno su Cantù, mentre la maledizione si abbatte sul partito, con Mira persa per un solo voto.

E dire che alla vigilia del voto, il consigliere milanese Matteo Salvini aveva parlato di una vittoria certa in sei sfide su sette. Niente, nemmeno un sindaco.

Brucia la sconfitta in città come Monza, dove la Lega aveva il suo sindaco e che era diventata il simbolo del decentramento amministrativo voluto dal partito lo scorso anno, tanto che erano stati spostati alcuni uffici, che in modo roboante erano stati fatti passare alla stampa come ministeri. Forse, il Carroccio paga in un solo conto salatissimo anche certe scelte mediatiche un pò strampalate, prive di significato reale per la gente in carne e ossa, avendo messo in secondo piano la pur buona amministrazione che potrebbe, invece, vantare nelle numerose città in cui governa al Nord. E che la situazione sia grave lo dimostra anche il rinvio della consueta manifestazione di Pontida, che potrebbe tenersi a luglio. Si vocifera che lo spostamento è stato dovuto al timore dei dirigenti che il vecchio leader, il dimissionario Umberto Bossi, fosse stato fischiato e duramente contestato dalla base.

Ma di Pontida non c’è certezza nemmeno a luglio, se è vero che il sindaco di Verona, Flavio Tosi, riconfermato nella carica appena due settimane fa, ha proposto di rinviare a dopo l’estate la manifestazione. “A luglio fa troppo caldo”, ha giustificato la proposta, con un’evidente sortita ironica.

Ma se a Pontida va in scena un pò il folklore dei leghisti, a giugno, invece, si terrà la stagione dei congressi, con quello federale, ossia della segreteria nazionale, che sarà tra il 30 giugno e l’1 luglio. Lì, Bossi potrebbe ripresentarsi come candidato e cercare di tornare in sella al partito. Ma le ultime vicende, che lo vedono indagato sulla distrazione dei fondi pubblici alla Lega, potrebbero convincerlo ad evitare una molto probabile sconfitta imbarazzante.

E in quella sede, il triumviro Bobo Maroni ha annunciato che proporrà ai vertici se sia il caso di non presentarsi alle elezioni politiche del 2013. Il ragionamento è semplice: siamo stati al governo e non abbiamo ottenuto nulla, prima ancora eravamo all’opposizione e gridavamo alla secessione e non abbiamo ottenuto nemmeno allora alcunché. Allora, forse vale la pena restare sul territorio e continuare la battaglia dal Nord.

Una proposta-choc, diremmo, che punta a riportare la Lega alla sua dimensione originale, ossia di partito dei territori, dei comuni, delle province, non del Parlamento romano.

Intanto, lo scontro interno al Carroccio prosegue e con toni molto aspri. Ancora una volta è Flavio Tosi a dare fuoco alle polveri, dichiarando che se fossero accertate le responsabilità del Senatùr sulla vicenda incredibile e sconcertante della “paghetta” ai figli, allora dovrebbe essere espulso dal partito. “Quando ero piccolo la mia paghetta era di qualche migliaio di lire”, ha aggiunto il sindaco, “qui si parla di migliaia di euro”.

E cinque senatori hanno scritto una lettera, con cui prendono posizione in favore di Bossi, affermando che Tosi non avrebbe il diritto di dire cose simili sul fondatore del Carroccio.

Sarà, ma ormai è chiaro un dato: dopo il crollo e la sparizione della Lega dalle realtà importanti dove pure aveva amministrato bene, l’unico modo che la classe dirigente avrebbe di salvare il partito sarebbe di spingersi laddove non era neppure ipotizzabile fino a poche settimane fa, ossia al parricidio.

La questione è ormai di pura sopravvivenza politica, a meno che la Lega non si accontenti di essere il partito di qualche buon amministratore cittadino.

Ma il congresso federale si presenta come tutt’altro che pacifico, denso di fratelli coltelli. Lo scontro tra Bossi e Maroni potrebbe fare implodere il partito, il quale rischia seriamente di fare una fine veloce e molto triste, se si pensa che solo due anni fa era oltre il 10% su base nazionale alle amministrative.

D’altronde, la Lega ad oggi è stata Bossi, venuto meno lui, crolla tutto. E non è detto che le intenzioni di Maroni possano avere una certa efficacia. Bisognerà ricreare un partito dalle basi nuove, ma ci vorrà tempo e, intanto, il nocciolo duro degli elettori rischia di non andare più a votare.

 

 

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