Beppe Grillo al 16,3%, ancora in calo PDL e PD

Non si arresta la corsa nei consensi del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Stando alla media degli ultimissimi sondaggi su base nazionale, Grillo avrebbe oggi il 16,3%, guadagnando l’1,3% in più di una sola settimana fa. Un risultato che diventa ancora più tosto, se si tiene conto che con questi consensi l’M5S sarebbe il terzo partito italiano, insidiando da vicinissimo il PDL, che si attesterebbe solo al 18,3%, calando ancora dello 0,3% in sette giorni. La sfida per il secondo posto, quindi, sarebbe tutta tra pidiellini e grillini e il superamento potrebbe essere solo questione di giorni, visto il ritmo con cui questi ultimi stanno crescendo in tutte le rilevazioni. Il PD si confermerebbe prima formazione con il 25,2%, in calo dello 0,4%, mentre risulterebbero in calo anche l’UDC di Casini, che si attesterebbe al 6,4%, Fli di Fini, che sarebbe ridotto a un misero 3,1%, così come lievemente anche l’Idv, che scende al 5,9%.

Invariati i voti per la Lega Nord, che rimarrebbe stabile al 5,3%, mentre Sel di Nichi Vendola sarebbe ferma al 6,3%. Guadagna lo 0,1% la Destra di Storace, che arriva al 2,7%. Federazione delle Sinistre al 2,8%.

Questo è il quadro degli ultimi sondaggi, che denotano una situazione alla greca. Non ci sarebbe più alcun partito di dimensioni rilevanti e anche lo stesso PD, che pure conserverebbe un consenso non trascurabile, avvertirebbe un trend in calo che va avanti da mesi, se si pensa che poche settimane fa era stato accreditato di un quasi 30%. Nel 2008, quando si raggiunse l’apice del bipolarismo bipartitico della Seconda Repubblica, PDL e PD insieme ottennero oltre il 70% dei consensi. Se si andasse a votare oggi, non andrebbero oltre il 43%. Un crollo verticale, che non ha premiato le posizioni equidistanti di Casini e del suo abortito Terzo Polo, ma quasi totalmente e unicamente Beppe Grillo, ormai divenuto a pieno titolo un vero protagonista politico, in grado di influenzare l’agenda del dibattito, pur non avendo ancora in Parlamento nemmeno un suo uomo.

Il partito che maggiormente sta soffrendo l’avanzata di Grillo è con tutta evidenza il PDL, seguito dalla Lega. Se si fosse detto ciò solo un mese fa sarebbe sembrata una barzelletta, visto che l’M5S viene avvertito da sempre come un movimento protestatario della sinistra radicale, con accenti e venature molto populisti. Invece, il riposizionamento “scientifico” di Grillo a destra, con temi forti come l’immigrazione, le tasse, la lotta contro lo stato sprecone e la casta, ne fanno il concorrente più temibile proprio per quell’area moderata che non è più considerata in grado dagli elettori di riformare l’apparato pubblico e, anzi, viene identificata a torto o a ragione con il male che si vorrebbe debellare.

In poche settimane, il PDL è passato da una media statistica nei sondaggi del 23% circa al 18%. La Lega è crollata dal 9% al 5% circa. In pratica, la metà dei voti di cui Grillo potrebbe attualmente disporre verrebbe proprio dai due partiti del centro-destra, anche se potenzialmente un quarto degli elettori del PD potrebbe votare l’M5S.

Come stanno reagendo i partiti tradizionali a questo tsunami elettorale in potenza, che ha già dispiegato molti suoi effetti alle amministrative di maggio? Il PDL è tentato dalla presentazione di liste civiche nazionali, in grado di raccogliere il consenso di fette di elettorato in fuga, magari quello maggiormente più sensibile ai temi anti-casta e alle varie questioni che attanagliano la società italiana di oggi, come le tasse, la burocrazia, etc.

Sembra il tentativo goffo di recuperare il tempo e i voti perduti, ma anche lo stesso linguaggio del PDL starebbe mostrando qualche segnale di cambiamento. Lo scorso venerdì, Daniela Santanché, un braccio destro di Berlusconi, ha lanciato la proposta agli italiani di non pagare l’Imu, perché la sanzione sarebbe solo del 3,75% e la tassa sarebbe considerata ingiusta. Una proposta, che contrariamente alle attese non ha scatenato la ridda di reazioni contrariate, ma al contrario sono sembrati aperti alle eventuali modifiche anche legislative gli stessi parlamentari del PD, mentre Grillo è intervenuto per sottolineare come questa imposta sarebbe incostituzionale, perché contravverrebbe all’art.53 della Costituzione.

Ma aldilà del merito, è evidente che il PDL sta tentando disperatamente di darsi un’immagine più di lotta e meno di governo, con quest’ultimo che è ormai identificato con il sistema.

Il capogruppo alla Camera del partito, Fabrizio Cicchitto, uno che pure non suscita mai alcun entusiasmo nemmeno tra la cerchia dei suoi più stretti collaboratori, ha anche minacciato l’esecutivo Monti e indirettamente Casini di passare all’opposizione, qualora l’uno non desse il segnale di una svolta di governo e l’altro non contribuisse alla formazione di un’area dei moderati.

La Lega non sembra ancora avere assorbito del tutto la batosta delle indagini e il disarcionamento del suo capo storico dalla guida, con il congresso federale che si terrà a fine mese. Il PD potrebbe accettare una lista Saviano, nel tentativo di sottrarre consensi a Grillo o di contenere la fuga elettorale verso di esso.

E’ certo al momento solo una cosa: tra un anno, nulla sarà come oggi!

 

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