K2 – La montagna degli italiani: la fiction sull’impresa del 1954 in onda su rai uno

Un’impresa senza precedenti: scalare gli 8611 metri del K2, la seconda montagna più alta del mondo, ma infinitamente più  pericolosa; un immenso blocco di rocce e ghiaccio, la cui cima è una sfida che appartiene solo ai più temerari. A vincerla, il 31 luglio del 1954, Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, due scalatori della spedizione italiana che per prima riuscì a piantare bandiera sull’ambita vetta del Karahorum, fino ad allora rimasta inviolata.

La storia dell’eroica avventura di questi dodici pionieri diventa una fiction in due puntate dal titolo K 2 – La montagna degli italiani, in onda in prima serata su Rai uno il 18 e il 19 marzo con Marco Bocci, Massimo Poggio, Giorgio Lupano, Michele Alhaique, Giuseppe Cederna, Matteo Azchirvani, Alberto Molinari, Marco Cocci, Valentina Corti; diretta dall’austriaco Robert Donrhelm, la fiction racconta luci e ombre di un’impresa che per il nostro paese era sinonimo di riscatto dalla povertà dilagante in cui era piombata dopo la guerra.

TRAMA. “Fare un passo verso il cielo”. Ecco di cosa ha bisogno l’Italia per rialzare la testa. Ed è facendo leva sull’orgoglio ferito di un’intera nazione, che il professor Ardito Serio (Giuseppe Cederna) riesce ad ottenere dall’allora presidente Alcide De Gasperi, il sostegno economico per mettere in piedi una missione mai tentata prima e in cui fallirono perfino gli americani. Per farlo convoca i piu’ forti scalatori italiani del tempo: il veterano Riccardo Cassin (Alberto Molinari), Achille Compagnoni (Massimo Poggio), Lino Lacedelli (Michele Alhaique), Mario Puchoz (Giorgio Lupano), il giovane Walter Bonatti (Marco Bocci) e molti altri. Dodici uomini, dodici forti personalità, dodici differenti modi di vivere la montagna, ma uniti da uno spirito patriottico e da una grande ambizione: arrivare fino al “tetto del mondo” ed entrare nella leggenda.  Ci vorranno due mesi per realizzare questo sogno, fra moltissime difficoltà, la morte improvvisa di un compagno (Mario Puchoz morirà per edema polmonare il 21 giugno del 1954), e un’accesa competizione nel terzetto destinato a raggiungere la vetta: Compagnoni, Lacedelli e Bonatti, che rischierà di trasformare l’impresa in tragedia. Come è noto,  solo i primi due raggiungeranno effettivamente quota 8611 metri, ma lo faranno abbandonando per una notte intera all’addiaccio il compagno di spedizione Walter Bonatti, che era tornato indietro a portare le bombole di ossigeno, e che non trovando più i compagni nel punto prefissato, rischiò di morire congelato.

LA POLEMICA. La circostanza ha inevitabilmente gettato ombre sullo slancio eroico dei due scalatori. Walter Bonatti venne accusato nel resoconto di Desio, di aver messo a rischio la spedizione consumando parte dell’ossigeno destinato ai suoi compagni, costretti poi a raggiungere la vetta senza l’ausilio delle bombole.  Solo di recente il CAI (Club alpino italiano) ha riabilitato la verità di Bonatti. La stessa cosa conta di fare questa fiction a livello nazional-popolare. Ma al di là degli strascichi polemici e giudiziari, resta l’orgoglio per un’impresa epica che riuscì a ridare fiducia, speranza e dignità internazionale ad un paese, che a distanza di 60 anni ne ha ancora così bisogno.

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