Inserzioni, Sottrazioni, Contraddizioni

Nella ricerca di lavoro qualificato, spesso può succedere di imbattersi in annunci che all’apparenza sembrano “innocui”, ma che nascondono, guardandoli in superficie, insidiose trappole non tanto per gli avventori (alcuni candidati sono ormai diventati dei professionisti nell’individuare le offerte di lavoro , alla pari di certi cani da tartufo ben addestrati…), quanto per le aziende che le pubblicano, non immaginando che, il modo con cui si offre un lavoro è la vetrina in cui un imprenditore mette in mostra il proprio stile di gestione del personale.

Facciamo un esempio. Leggo su un quotidiano questo trafiletto: “Le Occasioni – Ecco le offerte dei Centri per l’impiego della Provincia di Ancona. Un posto a Jesi, Commerciale estero. Azienda specializzata in impianti elettrici a filo cerca n.1 responsabile commerciale estero. Requisiti: laurea in Economia, Marketing o in Lingue; esperienza pluriennale nella gestione dei mercati esteri; ottima conoscenza della lingua francese e/o tedesco e/o spagnolo. Si offre: contratto co.co.pro. Si prega invade curriculum vitae per e-mail al seguente indirizzo: cif.jesi@provincia.ancona.it entro il 08/2/2013. (COD. 52490/5).

Annunci di questo genere testimoniano, senza dover fare un’analisi troppo approfondita, come la crisi  economica sia diventata anche una crisi di valori aziendali. Attraverso la comunicazione di questa inserzione, sono evidenti alcuni “bugs” manageriali che saranno il tema della rubrica a cui sono stato invitato a collaborare.

Una delle lamentele ricorrenti da parte dei candidati è quella di ritrovarsi spesso a colloquio con addetti alla selezione molto più giovani di loro, all’oscuro degli aspetti più tecnici che il lavoro ricercato comporta o addirittura privi di informazioni che risultano fondamentali (come per esempio la retribuzione prevista).

In questa inserzione sembra di trovarci proprio di fronte ad un caso di questo genere: a chi riporta questo Responsabile? Quante persone gestisce? Quanto tempo è previsto annualmente per le sue trasferte? E’ un commerciale come riporta il titolo o un responsabile come specificato nel testo dell’inserzione?

Portatemi uno che sappia vendere!“, sembra di sentire dire a questo imprenditore. O peggio ancora: “Basta che abbia un portafoglio clienti!“. Come se i clienti oggi fossero disposti a farsi sballottare da un fornitore all’altro in cambio di amore e fantasia.

Il secondo aspetto è un bug tipico di alcune aziende che purtroppo sta invadendo in maniera preoccupante anche quelle più strutturate ed è strettamente collegato al terzo bug. Ovvero: una richiesta di competenze troppo disallineata dalla reale possibilità di trovare un candidato con tutte quelle caratteristiche (lingua inglese / francese e/o tedesco e/o spagnolo) richiesta ad un improbabile laureato in discipline  economiche  (ma poi perchè un economista per un ruolo commerciale?) ma a questa azienda potrebbe andar bene anche un laureato in marketing  o perchè no, uno in lingue!

Ammesso e non concesso che un personaggio epico simile esista in natura, abbiamo deciso di complicarci la vita proponendo un contratto a progetto!

Si può mai dire che il lavoro di un commerciale sia “un progetto” e non invece un’attività strategica dell’azienda che richiede una cura nella selezione del candidato e una fidelizzazione importante poichè da lui dipendono le strategie commerciali, i rapporti con i clienti, tutti gli aspetti contrattualistici e relazionali.

Non ultimo, un contratto del genere rende “debole” quel collaboratore, che alla prima occasione di stabilità lascerà quel posto di lavoro e con lui tutti i contatti di quell’azienda verranno, nella peggiore delle ipotesi, trasferiti al competitor di riferimento.

I tempi, mi rendo conto, sono difficili per tutti e ancor di più per i datori di lavoro.

E’ però fondamentale, se si vuole recuperare terreno sui competitors e aggredire nuovi mercati, investire se non sugli strumenti, sulla qualità e la formazione dei propri collaboratori. Più contratti quel commerciale firmerà, più il suo datore di lavoro dovrebbe essere motivato a trattenere e pagare bene quel dipendente.

Siamo nel territorio delle contraddizioni manageriali, dove per anni abbiamo strapagato dirigenti senza ruoli precisi ma “strategici”, spesso “spostati ad incarichi più alti” al solo scopo di non fare danni sul campo. Oggi abbiamo invece stravolto il concetto di meritocrazia e non riconosciamo ai nostri collaboratori più fedeli e produttivi quel minimo di sicurezza necessaria per garantirci serenità in azienda e piani di sviluppo e crescita rispettati.

Molte aziende hanno trasformato contratti a tempo indeterminato in contratti di collaborazione, spesso ricorrendo a quelle Persone che avevano allontanato in una politica di taglio dei costi, o peggio, licenziando dipendenti fedeli per acquisire consulenti meno impegnativi dal punto di vista contrattuale. Le amanti è evidente, si trattano meglio delle mogli.

A mio avviso bisogna fare un decisivo cambiamento di mentalità se si vuole dare una svolta a quella che non possiamo più considerare una “crisi”, ma un vero e proprio cambiamento di mercato. E’ fondamentale ricominciare ad investire sui rapporti con i propri dipendenti e sulle relazioni durature e di qualità. Approfittare di un momento di forte destabilizzazione delle Persone per creare almeno nella propria azienda un ambiente protetto e un vero e proprio senso di appartenenza dei propri collaboratori.

Oggi è più facile creare fiducia e fedeltà all’azienda proprio perchè è sotto gli occhi di tutti, attraverso le esperienze di amici e conoscenti, quanto sia prezioso avere un posto di lavoro coerente con le proprie competenze e “sicuro” economicamente.

I cattivi manager che utilizzano la crisi per fare leva sulle paure e sulla precarietà dei propri collaboratori, devono ricordare che da questo matrimonio, l’azienda ci mette la casa, ma il dipendente genera il business e i profitti e sempre di più la riuscita della relazione è responsabilità di entrambe le parti.

Mi rivolgo dunque agli imprenditori e ai manager di questa Nuova Era Post Crisi : è ora di ritornare alle basi della relazione con i propri dipendenti. Di adottare il metodo che usavano i vostri padri e i vostri nonni quando scendevano in fabbrica e conoscevano per nome ogni dipendente. La vera sfida dei prossimi anni sarà quella di far sedere alla vostra scrivania anche l’ultima rotella dell’ingranaggio e manutenerla personalmente aggiungendo un goccio d’olio ogni giorno.

Deve cambiare lo stile personale, bisogna prestare attenzione alle parole, bisogna regolare il volume e l’intensità dei rapporti.

Non è più il tempo dei maglioncini girocollo.

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