Anna Magnani, quarant’anni senza l’anti-diva del cinema italiano

“Sono un cavallo al quale non vanno messe briglie, ma lasciare che venga fuori quello che sento”. Indomabile Anna Magnani. “Nannarella” per tutti coloro che la portano nel cuore. Talento ineguagliabile e carattere impossibile, Anna è un vulcano in una perenne esplosione di passione, grinta e vitalità difficile da contenere. Una donna complessa e complicata, la cui natura indomabile e ribelle resero ogni sua interpretazione, ogni suo personaggio, impossibile da dimenticare. Non era bellissima, eppure in quel suo fascino così sgraziato e tanto umano c’era qualcosa di magnetico che la rese non una tra le tante, ma la più grande. “Una popolana che sapeva essere una regina” disse di lei Suso Cecchi d’Amico, un’anti-diva per eccellenza che al truccatore di turno implorava di non toglierle nemmeno una ruga da quel suo viso sofferente, incorniciato da capelli corvini sempre arruffati.

Simbolo del neorealismo italiano, Anna Magnani ci ha fatto il più bel regalo che un’attrice possa mai fare ai suoi spettatori, una galleria di donne straordinarie, donne del popolo, combattive ed estremamente generose di cui ne ha interpretato le ambizioni, le speranze, i tormenti; donne imperfette, vere e sincere che sullo schermo vivevano la loro vita allo stesso modo in cui Anna Magnani visse la sua lontana dai riflettori, a briglia sciolta, senza scendere a compromessi, difendendo con le unghie e con i denti, fino al sacrificio estremo, la propria dignità e il proprio orgoglio.

Quella della Magnani è stata una carriera intensa e di successo, ma non si può certo dire che Anna nacque sotto la proverbiale buona stella. Abbandonata dalla madre, cresce accudita dalla nonna materna che le trasmette l’amore per la musica e il teatro. Ha 19 anni quando decide di voler fare l’attrice, presentandosi alla porta della scuola Eleonora Duse diretta da Silvio D’Amico. E non passa molto tempo prima che venga notata e scritturata da una compagnia teatrale che la porterà in giro, di città in città, lontana dalla sua Roma e dall’affetto della nonna che morirà qualche mese dopo la sua partenza. La perdita dell’unica figura materna che avesse mai conosciuto fu devastante ma determinante: “E’ da quel momento che ebbi il coraggio di ribellarmi, di far uscire da me stessa ciò che era rimasto sempre nascosto, di gridare quando ne avevo il bisogno e di tacere quando ne avevo voglia. Sì quel giorno era nata la Magnani”.

Alle prime esperienze nel mondo del teatro seguono quelle nell’avanspettacolo dove la Magnani si ritrova a calcare il palco assieme a Totò, e le prime piccole particine al cinema. Nel 1941 Vittorio De Sica le offre finalmente un ruolo di spessore, quello di Loretta Prima, attrice di varietà, in “Teresa Venerdì”. Ma la grande occasione le si presenta con il capolavoro di Roberto Rossellini, “Roma città aperta”. È con questo film che nascono il neorealismo e il personaggio di Anna Magnani. Indimenticabile la scena in cui la popolana Pina viene uccisa a colpi di mitra dai tedeschi mentre rincorre un camion sul quale suo marito sta per essere deportato. «T’ho sentita gridare ‘Francesco’ dietro al camion dei tedeschi e non ti ho più dimenticata» scrisse di lei Giuseppe Ungaretti. L’interpretazione della verace e sanguigna ‘Sora Pina’ diede alla Magnani l’occasione di dimostrare finalmente tutto il suo immenso talento di interprete, spalancandole le porte del cinema che conta con tutti i più grandi registi dell’epoca a contendersela: Rossellini, Zampa, Visconti, Renoir, Monicelli, Pasolini.

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Quando viene chiamata ad Hollywood nel 1955, Anna Magnani è già un’attrice che non ha più nulla da dimostrare ma che ha ancora tanto da dare. Oltreoceano l’aspetta un testo scritto da Tennessee Williams appositamente per lei: “La rosa tatuata”, film con il quale la Magnani si aggiudica l’Oscar, prima italiana nella storia a vincere il prestigioso riconoscimento. Gli anni che seguono la vedono protagonista, sia in pellicole brillanti come in “Risate di gioia”, sia drammatiche come l’intenso “Mamma Roma” di Pasolini.

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Il commiato, straziante, dal suo pubblico e dal cinema è affidato al breve cameo in “Roma” (1972) di Fellini, dove interpreta se stessa. Poche parole pronunciate davanti alla macchina da presa, risponde ridendo all’amico Federico che la definisce il simbolo di Roma.

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Fellini non aveva torto, Anna Magnani è Roma. E nel quarantesimo anniversario della sua morte la città che le ha dato i natali la ricorderà presso la Casa del Cinema di Villa Borghese, con la mostra “I am Anna Magnani” dello street artist campano Biodpi, al secolo Fabio Della Ratta. Un’esposizione realizzata con stencil, graffiti, poster e decollage con cui l’artista ripercorre la carriera e la vita dell’attrice, reinterpretando il suo mito in chiave contemporanea, talvolta anche ironicamente con colature di vernice e pennellate decise. Durante la serata di inaugurazione, il 26 settembre, verrà proiettato anche il documentario di Marco Spagnoli, prodotto da DIVA Universal, presentato alla 70° Mostra del Cinema di Venezia dal titolo “Donne nel Mito: Anna Magnani a Hollywood” che ripercorre, con la voce narrante della nipote, Olivia Magnani, l’avventura americana dell’attrice culminata nella conquista dell’Oscar. E dal 9 dicembre, grazie all’iniziativa “Il cinema ritrovato” (che ha già riportato sul grande schermo “Il delitto perfetto” di Hitchcock), torna in sala la versione restaurata di “Risate di Gioia” di Mario Monicelli, unico film in cui Nannarella recitò assieme all’amico Totò.

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