Bosnia: dalla guerra al sogno mondiale

La notizia principale è che la Bosnia Erzegovina si è qualificata per la prima volta nella sua storia ai campionati mondiali di calcio.
Con 25 punti su 30 disponibili, 30 goal fatti e solo 6 subiti infatti la Nazionale guidata da Safet Susic ha dominato il gruppo G conquistando con pieno diritto un posto in Brasile.
A rendere speciale questa qualificazione è senz’altro il contesto storico e culturale che fa da contorno alla straordinaria impresa sportiva.

La partita decisiva ha visto trionfare la Bosnia in trasferta in Lituania con il punteggio di 0-1, rete decisiva di Ibisevic. La vittoria ha mandato in visibilio i tifosi ospiti giunti in massa in Lituania per sostenere i propri ragazzi che, una volta raggiunto il traguardo storico, sono scoppiati in pianti liberatori e festeggiamenti sul terreno di gioco.
La capitale bosniaca, Sarajevo, è stata teatro di sfilate e caroselli che hanno coinvolto la città per tutta la notte.

Questi scenari di gioia, passione e unione sono davvero una bellissima immagine per un paese flagellato e caratterizzato dalle divisioni etniche che fino a qualche decennio fa erano sfociate in una guerra atroce e bestiale.
La Bosnia Erzegovina è la prima Nazionale della regione balcanica a qualificarsi per i mondiali di Brasile 2014, a cui potrebbe aggiungersi la Croazia che disputerà i playoff.

Una Nazionale nata in tempi recenti, si è infatti iscritta alla Fifa nel 1996, che ha saputo in pochi anni formare una squadra di tutto rispetto che vanta alcuni fuoriclasse alternati a buoni giocatori.
Spiccano tra tutti il capitano Spahic, il talentuoso regista della Roma Pjanic, il laziale Lulic e soprattutto il cannoniere Edin Dzeko del Manchester City, top scorer bosniaco con 33 reti in 58 presenze con la maglia biancoblù.
Insomma un bel mix di talenti tipici della regione balcanica che ha sempre partorito giocatori tutto genio e sregolatezza.

Questi ragazzi hanno davvero unito e dato un motivo d’orgoglio ad un’intera nazione, che dopo la guerra e le divisioni territoriali, conta solamente 3 milioni e 800 mila abitanti.
L’esperienza della guerra farà sempre parte di questi calciatori, la maggior parte dei quali è cresciuta in quegli anni difficili ed è dovuta emigrare per trovare posti migliori dove crescere. Questa stessa esperienza ha sicuramente fatto crescere in loro speranza e determinazione, quella determinazione che li spingerà a non svolgere il ruolo di vittima sacrificale durante gli imminenti mondiali di calcio.

Ma in Brasile avranno tutto il tempo per pensarci. Ora, 21 anni dopo la fine del conflitto, si sono presi la loro personale rivincita regalandoci una bellissima parabola sportiva ma anche di vita.
E chissà che il calcio non riesca per una volta ad unire, laddove la guerra e l’odio avevano diviso..

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