Legge di Stabilità, manovra da 11,5 miliardi. Letta: per la prima volta non aumentano le tasse

Alla fine niente tagli alle spese sanitarie, la notizia di una riduzione di oltre quattro miliardi diffusa dai quotidiani nei giorni scorsi che aveva eccitato i partiti politici e lo stesso ministro Beatrice Lorenzin è stata smentita dal testo del Consiglio dei ministri. Ma a svanire è anche l’aliquota del 22% sulle rendite finanziarie, restando solo l’aumento dell’imposta di bollo sulla gestione di titoli.

La legge di Stabilità varata dal governo vale 11,5 miliardi e punta, a detta del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, a defiscalizzare il lavoro intervenendo sul cosiddetto cuneo fiscale, ovvero la differenza tra il costo del lavoro a carico delle imprese e quanto percepito dai lavoratori al netto delle tasse. “Per la prima volta non si aumentano le tasse” sostiene il premier Enrico Letta, il quale rivendica il merito di “una legge pluriennale” la quale darebbe “certezze per tre anni a lavoratori e imprese”.

Vanto del governo, che all’atto della sua nascita aveva promesso il rilancio della crescita e la fine dell’austerity, lo sgravio del lavoro: un taglio netto del cuneo di 5 miliardi per i lavoratori e 5,6 miliardi per le imprese, con incentivi per quelle che assumono stabilmente, nei prossimi tre anni. Il che significa un aumento in busta paga che secondo il governo sarebbe sufficiente a rimettere in moto i consumi.

Ma c’è anche l’Imu sulla prima casa che se ne va, assorbita dalla nuova Trise, una tassa sui servizi che scatterà nel 2014 e che di fatto sposterà la tassazione sugli altri immobili. E poi una stretta sul pubblico impiego col taglio del 10% sulle prestazioni di lavoro straordinarie e il blocco delle rivalutazioni per le pensioni superiori ai tremila euro.

Altra misura importante riguarderebbe il rientro dei capitali illegalmente esportati all’estero attraverso un meccanismo già suggerito dall’Ocse e la disciplina dell’autoriciclaggio della quale si è occupato il procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco. Non si tratterebbe comunque di una riedizione del vecchio “scudo fiscale”: niente anonimato, pagamento del dovuto ed esclusione dei profili penali del reato per i contribuenti.

Se i sindacati sono già in piede di guerra per le misure che investono il pubblico impiego, fra le quali il blocco della contrattazione e quello del turn over, per il presidente degli industriali Giorgio Squinzi “i passi sarebbero anche nella direzione giusta”, tuttavia si deve intervenire ulteriormente per “fare qualcosa di più coraggioso”.

Ora la palla passa al Parlamento, e come sempre la fase degli emendamenti e quella di adozione dei provvedimenti applicativi potrebbero vanificare tutto quello che di buono e meno buono vi è nel disegno di legge.

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