La “sindrome del tapis-roulant”, fra tecnologia e realtà

Sembrerebbe – notizia di questi giorni – che la tecnologia stia minacciando seriamente la salute fisica e mentale di bambini e ragazzi. Non solo problemi fisici legati alla manipolazione di console e telefonini, ma malesseri psicologici che si traducono in sonno disturbato e problemi relazionali.

Certo che capita a bambini e ragazzi, come potrebbe non succedere quando neanche noi che siamo così adulti e strutturati siamo completamente immuni dalla depressione post interazione social?

Sui social network mettiamo tutti la parte migliore di noi, misuriamo parole, creiamo mondi con fotografie dai filtri bellissimi, le foto profilo poi sono la sublimazione dell’artistico: siamo tutti meravigliosi.
Ovvio che di fronte a cotanta beltà è facile deprimersi. Perché mentre sei a casa in versione casalinga disperata e ti fai un giro su internet, il contrasto è stridente.
Poco importa che tu sia nel mondo vero e loro nel virtuale che andrebbe poi dimostrato: sono sempre tutti più belli, più contenti, più divertiti, più entusiasti di quanto tu non sia mai stata.

Per un ragazzino tenere il livello è fondamentale. C’è di mezzo quella cosa brutta, l’adolescenza, per cui ancora non è in grado di capire le strutture portanti del proprio io, e quindi il superfluo detta legge. Il superfluo con cui si confronta è quello dei social. Ricordiamoci com’eravamo a sedici anni: saremmo depressi tutti.

A questo si aggiunge un abuso dei videogiochi, delle console, degli schermi sempre accesi e coloratissimi.
La potremmo chiamare la sindrome del tapis-roulant, cioè quella cosa per cui con tutte le strade che ci sono su cui correre, noi decidiamo consapevolmente di farlo in palestra, al chiuso, da fermi sul posto. E sì, la pioggia-il freddo-il traffico che ci sono là fuori. Ma “là fuori” resta il mondo reale e noi ne cerchiamo in qualche modo un surrogato più facile.

Sindrome del tapis-roulant quella per cui il ragazzino è esageratamente disinvolto su whatsapp e annesso uso di smiley, salvo poi abbassare gli occhi per non incrociare lo sguardo di quella stessa persona a cui cinque minuti prima scriveva cose infuocate, o anche solo divertenti.
Sindrome del tapis-roulant quella per cui si gioca a tennis-golf-danza davanti allo schermo della tv, perché si è perso l’uso di tirare su la bicicletta e andare a farlo davvero, al campo sportivo.
Sindrome del tapis-roulant quella per cui mette come fotoprofilo quello scatto che capita una volta su un miliardo, luce giusta, capelli a posto, filtri usati bene, e poi non vuole incontrare le persone dal vero perché potrebbero rendersi conto che non è così.

Internet non è il male. La tecnologia neanche.
Non vanno demonizzati, sono strumenti utilissimi e forme fondamentali di conoscenza della realtà e negarli a un adolescente significherebbe escluderlo da una parte di mondo in cui comunque deve continuare a vivere.

Ma sarebbe troppo comodo demandare al computer e al telefonino il ruolo di babysitter che impegnano i ragazzi per ore e ore, e che così ci scocciano molto meno.
[Anche chi scrive ha utilizzato lo smartphone al ristorante per poter fare dieci-minuti-dieci di conversazione adulta senza essere interrotta ogni cinque secondi, ndr].

Bisogna solo imparare, imparare bene a usare tutto, tecnologia-internet-giochi, con il cervello e con moderazione, magari associandole ad altrettanta fruizione della realtà.
Per mantenere l’equilibrio e il senso del vero.

Per i bambini e i ragazzi, certo.
Ma anche un po’ per noi.

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