Flop per il piano di rientro dei ricercatori fuggiti all’estero

Non è cambiato nulla. E i “cervelli” fuggiti ma poi rientrati attirati dalle promesse della politica, adesso protestano. “A differenza del passato stavolta garantiremo il consolidamento dei ricercatori in arrivo dall’estero all’interno del sistema universitario“, dichiarava qualche tempo fa il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza. Peccato che si sia dimenticata dei tanti che alle promesse del passato avevano creduto e nelle quali investito, tornando a casa. Da qui la protesta, biglietto aereo in mano, dei ricercatori che rivendicano il diritto al lavoro, non adempiuto dal Governo, e pronti a partire anzi a fuggire.

La questione è quindi ben più ampia di quello che sembra a prima vista. Gli ostacoli non sono solo economici, ma zavorre vere e proprie che affondano ogni progetto, come la burocrazia e la mancanza di un sistema a sostegno di nuove opportunità concrete e realizzabili.

Volete sapere quali sono i progetti che i governi passati avevano approvato e che sono falliti? Nel 2001 il ministro per l’Università e la ricerca, Ortensio Zecchino (ministro dell’Istruzione durante il primo e secondo governo D’Alema e nel secondo governo Amato), aveva indirizzato l’attenzione ai ricercatori residenti all’estero da almeno tre anni: risorse per 40 milioni di lire all’anno per un impegno di tre anni, divisi equamente fra incentivi alle università e pagamento dei ricercatori da un lato, finanziamento della ricerca dall’altro. L’operazione “Rientro dei cervelli” però affondò miseramente con il governo Berlusconi nel 2006: le promesse riguardo strutture adeguate e stipendi equiparabili a quelli europei, non mantenute. Eppure circa 500 persone avevano accettato la proposta e poco importa se erano 466 su 40 o 50 mila: quelle persone sono tornate.

Nel 2009 altra sfida con il progetto “Giovani ricercatori Rita Levi Montalcini“: memori del passato, ridotti i finanziamenti messi a disposizione, così come gli anni di contratto promessi. Sotto il governo Berlusconi, Maria Stella Gelmini: questa volta i ritardi li ha prodotti la burocrazia: il bando 2010 è stato lanciato nel febbraio 2012. Nato male, finito male: i vincitori sono stati proclamati con un ritardo imperdonabile, nell’agosto 2013. Che ne è stato del bando 2011? Non c’è stato e lo Stato ha re intascato il denaro destinato. Questa volta a “pagare” sono stati 55 vincitori, pochi anche i partecipanti.

L’ultimo concorso ministeriale è datato 2008.

Forse la ministra Carrozza è sulla buona strada, forse si prospettano nuove opportunità. Però in questo caso non si può pensare di usare il cancellino come a scuola: i numeri scritti col gesso sono persone che con curricula di tutto rispetto e posizioni interessanti, coraggiosamente hanno cercato di mettere a disposizione per il loro Paese di nascita, il loro cervello e la loro esperienza maturata all’estero. Si spera che i prossimi coraggiosi non debbano rimpiangere la scelta di investire in Italia il proprio futuro e che qualcuno si occupi anche di chi negli anni scorsi ha rinunciato all’opportunità di fare carriera all’estero e che ora sta pensando di lasciare di nuovo l’Italia.

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