In compagnia di Roberto Vecchioni, tra musica, teatro e libri [Intervista]

“[…] Non si va da nessuna parte senza passato, senza storia, senza le basi eterne […]”. Sono solo alcune delle significative parole di Roberto Vecchioni in merito al presente attuale, dove forse fiducia e allegria trovano meno spazio che in passato. Ma reagire e migliorare si può, nonostante tutto; purchè rimanga un’impronta culturale di fondo. Il resto del messaggio è affidato naturalmente alle note di “Io non appartengo più”, il nuovo disco che il Professore, assieme alla sua storica band di musicisti, sta portando nei teatri d’Italia. Con nuove tappe in programma per il 2014. Un viaggio non solo musicale, ma fatto anche di luoghi, persone e libri, come Vecchioni ci svela.

A Carpi in Settembre in occasione del Festival della Filosofia. A fine mese a Bologna e a Dicembre un nuovo ritorno in terra emiliana a poco tempo di distanza, stavolta a Sassuolo. Sorge spontanea la domanda: da dove nasce la scelta di una location più “periferica” rispetto a città come Milano, Roma o Firenze, come tappa del Suo tour?

Sinceramente, non mi piace il termine tappa periferica. Lo dico anche nel corso dello spettacolo, presentando ‘Chiamami ancora amore’. Non bisogna aver paura di essere popolari, bisogna uscire dai salotti e dalle nicchie, quindi in un certo senso anche dalle metropoli. Bisogna andare incontro alla gente: si può e si deve cantare ovunque. Basta essere se stessi. Sempre. L’esperienza al Festival della Filosofia di Carpi è stata bellissima, importante, ‘alta’, però restando in zona ricordo con grande piacere anche un concerto dello scorso inverno a Pavullo: una serata acustica con un pubblico eccezionale per attenzione, rispetto, partecipazione. Sono convinto che sarà bellissimo anche a Sassuolo, la città della mia cara amica Caterina Caselli, del troppo spesso dimenticato Pierangelo Bertoli. Una piccola grande città della musica. Quando mi hanno proposto la data a Sassuolo ho detto subito sì, con entusiasmo. E poi l’Emilia è parte della mia storia: se non avessi incontrato tanti anni fa Francesco Guccini avrei continuato a scrivere canzoni per altri e forse oggi non sarei ancora qui, a 70 anni, in giro con un tour di successo.

Dopo le prime quattro uscite, quali sono le sensazioni a caldo da Lei provate, assieme alla Sua squadra di musicisti? Considerando quell’atmosfera raccolta che un teatro è in grado maggiormente di assicurare rispetto ad altri luoghi e la sintonia avvertita con il pubblico in sala.

Da sempre credo che il teatro sia l’habitat ideale per la mia musica. Certo, gli spettacoli estivi, all’aperto, nelle piazze, sono entusiasmanti, regalano molta adrenalina a chi canta e a chi suona, però in quelle situazioni non si può dare spazio a brani intimi, più raccolti, dove l’importanza delle parole è la chiave per ogni ascoltatore. Le sensazioni che stiamo provando lungo queste tour sono di grande condivisione con il pubblico. Sei sul palco, interpreti un brano e ti accorgi che, in sala, c’è molta gente che s’identifica, che partecipa emotivamente al racconto. La più grande soddisfazione per un poetastro come il sottoscritto è incontrare ogni giorno almeno una persona che dice: ‘in quella canzone mi hai descritto come se mi conoscessi da sempre’. E’ una forma d’amore letteraria meravigliosa. E’ quello che sto provando.

Uno sguardo al 2014. Sono previste nuove date dei Suoi concerti, specialmente al Sud dove è a gran voce richiesto dai fan?

Siamo progettando proprio in questi giorni la seconda fase del tour, che riprenderemo a febbraio, e sicuramente ci saranno date anche al sud, dove incontro sempre grande affetto: Puglia, Sicilia, Calabria, Napoli, Sardegna. Questo è il nostro progetto che speriamo di chiudere in breve per poter già annunciare agli amici le date e i luoghi delle serate. E ci saranno appuntamenti durante il periodo estivo.

“Io non appartengo più”. Canzone che dà il titolo all’album e frase contenuta in “Esodo”. Un’ ulteriore sintesi del suo mondo musicale: vicinanza all’uomo, alle sue problematiche e l’amore per la letteratura, con i significati sempre attuali dei classici (in questo caso l’Edipo a Colono). C’è speranza per l’uomo di oggi di superare questo presente difficile, fatto soprattutto di difficoltà, insoddisfazioni?

Ho scoperto che questo sentimento di non appartenenza è comune a molti. Però non deve essere negativo, deve avere sempre uno sguardo positivo, bisogna lasciare uno spiraglio alla porta nel finale. Io credo fortissimamente nei giovani, che sono sempre meglio di come vengono raccontati, e ai giovani bisogna dare soprattutto fiducia. Io, noi, possiamo farlo con le parole, mentre altri, i politici, chi ci governa, le istituzioni, devono farlo con i fatti. In ‘Due Madri’ dico ai giovani ‘prendetemi per mano e andiamo, comunque vada andiamo avanti, purché si vada’. Io, a 70 anni e mezzo, dopo averne viste tante e combattute altrettante, posso permettermi di fermare la corsa e riflettermi nelle letture classiche, partendo da Edipo a Colono, da ‘Esodo’ che è al tempo stesso la spiegazione di questo album e la possibile premessa del prossimo. I giovani devono salvare la libreria, perché non si va da nessuna parte senza passato, senza storia, senza le basi eterne, però sono loro che devono scrivere i nuovi libri. E ce la faranno, ne sono certo, perché alla fine l’uomo salva sempre se stesso creando un nuovo umanesimo.

Quali di queste nuove canzoni acquistano per Lei un significato ancora maggiore, per come sono state concepite o per il messaggio che vuole trasmettere?

Tutte, ma non lo dico perché non voglio scegliere. Lo dico perché credo, e un po’ anche mi vanto, di aver scritto un album senza brani inutili. Non ci sono canzoni messe lì tanto per far numero, come invece di capita di sentire in lavori di colleghi anche più famosi di me. ‘Io non appartengo più’ è un lavoro totale, ogni passaggio è stato valutato, ogni parola ponderata, ogni nota suonata in quel modo perché volevamo che rendesse in quel modo. Grazie a Lucio Fabbri e a Massimo Germini ho curato gli arrangiamenti come non mai, perché loro hanno condiviso ogni sentimento del disco e non hanno solo suonato nel disco.

Nuovo album e nuovo tour in questo 2013. Cantautore, ma anche cantastorie. È possibile aspettarci novità anche da un punto di vista letterario nei prossimi mesi?

Sto lavorando, per il momento solo mentalmente, a un nuovo romanzo, epistolare, però siamo ancora lontani dalla fase di scrittura. Ci sono le basi nella testa e poco più, anche perché mia moglie, Daria Colombo, sta ultimando il suo secondo lavoro e due scrittori contemporaneamente nella stessa casa non ce li possiamo mica permettere: ci deve pur essere qualcuno che va a fare la spesa, almeno ogni tanto.

Un disco da ascoltare e un libro da leggere da consigliare?

Per il disco uno di Fabrizio De Andrè, da scegliere a occhi chiusi, intanto si cade sempre bene. Per il libro, invece, l’amico Mauro di Desenzano, filosofo e divoratore di librerie, mi ha consigliato e regalato l’ultimo di Michele Serra, “Gli sdraiati”, e allargo volentieri il consiglio: merita grande attenzione.

Una battuta finale sul Nobel: che ne pensa della vittoria di Alice Munro? Su chi avrebbe puntato come vincitore in alternativa?

La scelta di quest’ultimo Nobel può spiegare una certa nuova direzione: dare voce, attraverso il premio, ad altri rami della letteratura. Alice Munro non è, infatti, una scelta classica, è una grandissima autrice di racconti brevi, non di romanzi da Nobel. Questa scelta può spiegare, appunto, anche quella di prendere in considerazione la poesia in musica o un certo tipo di teatro, com’è successo con Dario Fo. Condivido la scelta della Munro e consiglio a tutti di leggere le poesie di un’altra grandissima donna che ha vinto il Nobel, Wislawa Szymborska: ha parole che aprono il cuore. Per dirle grazie le ho dedicato una canzone.

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