Dalla lana ai santi: la favola delle maglie è finita. O forse no.

Quella che vogliamo raccontare oggi è una favola, o forse no. Una favola di un tempo non così lontano come sembra.
C’erano una volta delle maglie di lana, pantaloncini inguinali e scarpe tutte dello stesso colore. C’erano una volta Ariston, Misura e Barilla, e non sono marchi che sono falliti ultimamente.

C’erano una volta due sole maglie da gioco per ogni squadra, una per le partite in casa e una per le trasferte. I colori erano sempre quelli: L’Inter aveva una maglia a strisce verticali come quella odierna e l’altra bianca con risvolti nerazzurri, la Juventus variava di più avendo come seconde maglie una casacca gialla, blu o nera a seconda delle stagioni.

La favola si è interrotta nella seconda metà degli anni novanta quando i grandi marchi e i soldi degli sponsor si sono impossessati delle divise da gioco delle squadre di tutta Europa. Si sono viste sui campi maglie strane che magari non avevano niente a che fare con la squadra che le indossava. Chi ne soffre sono sempre i tifosi che vedono la maglia che amano come l’ultimo baluardo in uno sport ormai quasi privo di valori, essere stravolta da un business che non li sfiora minimamente.

Ricordate la maglia dell’Inter che nel 1998 vinse la (defunta)coppa Uefa ai danni della Lazio? Un’inedita maglia a strisce orizzontali grigie e nere con lo stemma della società in una sorta di vedo-nonvedo sotto lo sponsor, una maglia mai vista prima. La squadra milanese è stata forse la società che ha indossato più colori: si è vestita di giallo nei primi anni novanta, poi addirittura una maglia verde con risvolti blu nella stagione calcistica 1995/1996. Ma la polemica è scoppiata dopo gli anni del “triplete”, quando la squadra dell’ex presidente Moratti ha utilizzato una maglia rossa. Ciò ha portato una dura contestazione da parte dei tifosi interisti, inviperiti dal fatto che il rosso facesse parte della divisa dei “cugini” del Milan, quindi un colore non proponibile per la maglia nerazzurra.
Ronaldo of Inter Milan

Anche il Milan ha utilizzato delle maglie strane, basti pensare al giallo utilizzato da Baresi e compagni nella supercoppa Europea del 1994 vinta contro l’Arsenal oppure alla maglia color oro che ha esordito con Kakà e Gattuso nel 2004 ed è stata ripresa in questa stagione da Balotelli e compagni.

La Juventus è forse una delle più tradizionali, basti pensare al rosa, maglia della fondazione della squadra, o il gialloblu, come colori della città di Torino, Ma c’è stata anche una Signora in rosso con risvolti bianchi e verdi per celebrare nel 2005, il centenario del primo scudetto vinto dalla squadra bianconera oppure la maglia bianca con una striscia verticale tricolore utilizzata tre stagioni fa.

Dalla lana ai santi: la favola delle maglie è finita

Con il passare degli anni, tutte le altre squadre si sono adattate: abbiamo visto la Roma col verde petrolio addosso, il Bologna con un verde scintillante, il Cagliari con un arancione simile all’Olanda, Atalanta con una divisa giallonera, la Lazio vestita di giallo fino ad arrivare alla maglia mimetica con cui il Napoli è sceso in campo all’inizio di questa stagione, una maglia figlia di una moda che ha colpito ragazzi (e non solo) nella scorsa primavera-estate.

E poi una novità assoluta: il Bari ha voluto mettere sulle sue maglie il santo protettore della città ovvero San Nicola. Forse magari per esorcizzare una situazione che vede i “galletti” nuotare nella mediocrità da troppo tempo… basterà per il miracolo?
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