Lampedusa, una prigione per gli stranieri

Il caos ha nuovamente travolto Lampedusa grazie ad un video trasmesso dal Tg2 in cui si mostra una somministrazione di farmaco anti-acari della scabbia, che fa a cazzotti con il rispetto della dignità umana. All’origine di tutto, in questo caso, c’è forse solo la superficialità di chi può aver pensato che in quel modo – tutti in fila, nudi, all’aperto e con un compressore elettrico per “soffiare” il farmaco – ci si poteva sbrigare prima.

Ma l’errore commesso non si risolve con un castigo da bambini indisciplinati. Il Ministro degli Interni, Angelino Alfano, ha tuonato: “Voglio sapere chi è stato. Perché chi ha sbagliato dovrà pagare”. Verrebbe da suggerire proprio il nome del Ministro degli Interni, perché, come ha detto il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, la competenza dei centri di accoglienza è esclusiva del ministero, né il comune né l’Asl possono intervenire in alcun modo per evitare queste pratiche da lager. Anche il premier Letta e la presidente della Camera, Laura Boldrini, hanno invocato chiarezza su questo episodio, definito, vergognoso.

Un po’ di chiarezza non guasterebbe, di certo. Il Cspa di contrada Imbriacola, quello dove finiscono i migranti appena sbarcati a Lampedusa, è solo il primo anello del sistema italiano di accoglienza. Nel resto del Paese la situazione è altrettanto grave, come dimostrano gli scontri di ottobre nel Cara (Centro di accoglienze per richiedenti asilo) di Mineo, in provincia di Catania.

Quest’anno a Lampedusa si è sfiorata la cifra di 1300 immigranti, pur essendo presenti solo 250 posti letto. Il motivo ufficiale per cui i trasferimenti non sono rapidi è che tutti i Centri accoglienza per i richiedenti asilo, sono pieni. In tutto questo, i più colpiti sono i bambini. Degli oltre 35.000 salvati dal mare nel 2013, almeno 6.000 sono minori, molti neonati, che vivono in condizioni igieniche disastrose, secondo quanto rilevato da Save the Children.

Dove manca chiarezza vi è il motivo di un perenne stato emergenziale in questi centri, perché, in buona sostanza, sono perennemente stracolmi e rappresentano un costo per lo Stato, che dovrebbe, quindi, avere tutto l’interesse a facilitare le pratiche per svuotarli celermente.

La verità è che i Cara sono anche fabbriche di posti di lavoro in territori in cui la disoccupazione era la regola già prima della crisi. Per di più, un mare di soldi si muove sopra le teste ignare dei richiedenti asilo.

Lampedusa Accoglienza gestisce il Cspa dal 2007 e riferisce che dal centro sono passate in sei anni centomila persone. La struttura offre lavoro a 60 operatori con un appalto, fino al 2015, del valore di 8.212.500 euro, iva esclusa. Ma la cifra inganna perché è tarata su un budget di 30 euro al giorno a migrante per il numero ufficiale dei posti. In media, le presenze sono il doppio, spesso il triplo. Quindi, il giro di soldi è molto più consistente.

Lampedusa Accoglienza, inoltre, fa parte del consorzio di cooperative sociali Sisifo, che, in questo momento, gestisce anche il Cspa di Cagliari Elmas, il Cara di Mineo, in provincia di Catania, e ha vinto l’appalto per il Cara di Foggia di 663 posti per un valore triennale di oltre 20 milioni di euro.

Il Cara di Mineo è il simbolo delle politiche dell’emergenza, un lascito del governo Berlusconi. Il “Villaggio degli aranci”, questo il nome di questo centro accoglienza, fu requisito nella primavera del 2011, quando se ne erano appena andati i militari americani della base di Sigonella e ha ufficialmente 2000 posti, ma, attualmente, alloggia quasi 4.000 persone.

Soggetto attuatore per la gestione del Cara di Mineo era ancora l’allora presidente della provincia di Catania, Giuseppe Castiglione (Pdl), oggi sottosegretario alle Politiche Agricole. Gli ultimi appalti sono andati a un Raggruppamento temporaneo di imprese guidato da Sisifo, aderente a Legacoop, e ne fanno parte il Consorzio Sol Calatino, Senis Hospes e la Cascina Global Service, la Croce Rossa, il consorzio Casa della Solidarietà e la Pizzarotti spa.

Senis Hospes ha come presidente Camillo Aceto, che è stato imputato in un processo a Bari sul servizio di pasti delle mense ospedaliere e scolastiche per i reati di falsi e frode nelle forniture pubbliche. Tre anni fa in primo grado il reato è stato prescritto.

Casa della Solidarietà è invece legata all’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone e a Domus Caritatis. Il nome di quest’ultima è saltato fuori nella vicenda dello scandalo sui profughi in Nord Africa, messo in luce da un rapporto di Save the children. L’accusa era che i centri per minori venivano riempiti da adulti fatti passare per minorenni al fine di percepire un’indennità quasi doppia dallo Stato, come verificato anche da un’ampia inchiesta dell’Espresso.

L’amministratore delegato della Nuova Lampedusa Accoglienza, Cono Galipò, ha preferito, al momento, il silenzio stampa, però, dopo il video del Tg2, il centro è stato “alleggerito” di circa 280 persone, in poche ore.

Verrebbe quindi da chiedersi se si può davvero attribuire tutta la colpa all’ente gestore quanto piuttosto ad un sistema che favorisce un sovraffollamento di questi centri. La commissione territoriale che esamina le domande di protezione internazionale impiega “solo” sei mesi a concludere l’iter. Poi però, denuncia Sergio Trolio, avvocato del Consiglio italiano per i rifugiati, “passano altri due mesi da quando il rifugiato paga le marche da bollo a quando materialmente gli viene consegnato il permesso di soggiorno e può andarsene. Ci sono persone rimaste nel centro anche 19 mesi“.

Ieri nel Canale di Sicilia la Nave Cassiopea della Marina Militare, impegnata nella missione Mare Nostrum, ha soccorso un gommone con 110 migranti a bordo e ha scoperto tra loro un corpo privo di vita. Un essere umano che tentava di raggiungere l’Europa perché pensava che peggio del luogo di partenza non si potesse vivere, ma non ce l’ha fatta. I compagni di viaggio, sopravvissuti, vengono dal Ghana, dal Mali e dal Togo. Sono stati sbarcati a Porto Empedocle e, in questo momento, sarà già iniziata la loro avventura tra antiparassitari, sfruttamento e discriminazione razziale. Benvenuti in Italia.

Impostazioni privacy