Migranti, in quattro si cuciono la bocca

Quattro magrebini si sono cuciti la bocca in segno di protesta verso l’allungamento del tempo di permanenza nel Cie di Ponte Galeria a Roma. Usando una graffetta di un accendino come ago e il filo di una coperta, hanno manifestato il loro disagio e la loro indignazione per l’incertezza della loro sorte. Proprio nel giorno in cui il ministro dell’Interno Angelino Alfano doveva riferire alla Camera sugli inqualificabili fatti accaduti a Lampedusa solo qualche giorno fa.

Uno dei quattro sarebbe stato rimpatriato lunedì mattina. Due di loro hanno circa vent’anni, mentre gli altri due più di trenta.
La struttura di Ponte Galeria che “ospita” i migranti, al momento conta un centinaio di persone al suo interno, tra cui circa trenta donne e settanta uomini.

Nemmeno il tempo di riprendersi dallo sdegno delle ultime immagini dal Cie di Lampedusa che ecco pronto un altro episodio che ricorda come l’Italia sia ben lontana dall’essere un Paese civile. E non è nemmeno la prima volta che persone, praticamente detenute e private del diritto alla libertà senza aver commesso alcun reato, manifestino in modo così scioccante la loro stanchezza e il loro sdegno.

Già nel 2010, a Torino, si verificò un episodio analogo. Allora erano in cinque.
Meno di una anno fa, invece, sempre il centro di Ponte Galeria fu teatro della sommossa degli immigrati che salirono sui tetti e diedero fuoco a materassi e tavolini. Episodio che finì con l’arresto di otto africani ed il ferimento di una poliziotta ed un finanziere.

Immediate e immancabili le reazioni anche da parte del sindaco di Roma Ignazio Marino che su facebook ha scritto “La loro protesta ci impone con forza di riaprire il dibattito nazionale su questi luoghi disumani e su una legge, la Bossi-Fini, che equipara a criminali chi fugge da guerre, violenze e povertà. Non possiamo, e non vogliamo abituarci alle tragedie. Dobbiamo, al contrario, impegnarci tutti contro l’indifferenza“.

Naturalmente non è nemmeno la prima volta che ci si indigna e si protesta contro questi nuovi lager. Ma le proteste montano e si dimenticano con la stessa rapidità, nonostante i rapporti del Comitato nazionale di bioetica e gli “inviti” dell’Unione europea a risolvere la situazione lesiva di ogni diritto fondamentale della persona.

Le polemiche, i danneggiamenti e le rivolte che hanno coinvolto queste strutture, hanno prtato ad un ridimensionamento della loro capacità di ospitare persone. Dei dodici Cie istituiti, infatti, la metà è stata chiusa e per 4 dei 6 ancora aperti è stata ridotta la capienza. Attualmente l’accoglienza complessiva è crollata dagli originali 1.851 posti previsti per decreto a soli 749. Gli ospiti presenti complessivamente sono 564.

Invece di procedere per slogan si dovrebbe decidere una volta per tutte di risolvere la questione cancellando la Bossi-Fini e abolendo i Cie, perché spostarsi da un continente all’altro per salvarsi la vita non può e non deve essere un reato.

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