Discarica di Malagrotta, a Roma scoppia il caso rifiuti

Associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti, così sono finiti in sette in carcere. Tra i nomi degli arrestati spiccano quelli del proprietario dell’area della discarica di Malagrotta, Manlio Cerroni, e dell’ex presidente della Regione Lazio Bruno Landi.

L’operazione dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico (Noe) ha messo in manette sette persone che hanno per anni tratto profitti da quella che in Italia sembra rivelarsi ormai come una delle principali fonti di guadagno illecito: i rifiuti.

Tra gli arrestati Luca Fegatelli, fino al 2010 a capo della Direzione regionale Energia, il manager Francesco Rando, l’imprenditore Piero Giovi, Raniero De Filippis, dirigente della regione Lazio e Pino Sicignano, direttore della discarica di Albano Laziale. Ora sono tutti agli arresti domiciliari grazie alle operazioni coordinate dal colonnello Sergio De Caprio, conosciuto come “Ultimo” dopo l’arresto di Riina nel 1993, e dal capitano Pietro Rajola Pescarin.

Il sistema che i carabinieri del Noe hanno rivelato era piuttosto semplice: un’organizzazione a piramide. Significa in altri termini che al vertice si trovava Cerroni soprannominato “il Supremo“, seguito da Landi e dal gruppo “manageriale” che andava formando quello che dall’ordinanza del gip viene definito come un “sodalizio criminale“. Nella semplicità della struttura una matassa di relazioni e traffici in grado di “condizionare l’attività dei vari enti pubblici coinvolti nella gestione del ciclo dei rifiuti nel Lazio, a partire dalla Regione”, si legge sempre nella nota del gip. Tre i fattori di questo business: funzionari pubblici, soggetti privati, dunque gli imprenditori e i politici.

Si è così scoperto che gli incassi dei proprietari della discarica di Malagrotta per la raccolta differenziata, si parla di milioni di euro, erano una fonte di guadagno ingente poiché i rifiuti una volta arrivati nella discarica di proprietà di Cerroni, venivano tutti indistintamente raccolti nello stesso modo. La discarica era sempre in emergenza: nel conteggio delle cubature di spazzatura finiva materiale non definibile rifiuto tout court, come per esempio il combustibile da rifiuti e ciò che poteva essere riciclato. Numeri folli.

E nell’immondizia, è proprio il caso di dirlo, è finito anche il nome di Piero Marrazzo. L’ex presidente della regione Lazio sarebbe reo di aver dato l’approvazione alla costruzione del termovalorizzatore ad Albano Laziale alla Coema, dietro alla quale si celava proprio il nome di Cerroni. Se Malagrotta si ingolfa, le amministrazioni sono costrette a cercare nuovi siti per evitare che la spazzatura inondi le strade di Roma e quindi un nuovo business e un nuovo sito era la soluzione più remunerativa possibile.

Gli ingranaggi di questo meccanismo verranno via via smontati e analizzati nell’inchiesta, così come verranno chiarite le responsabilità di ciascun indagato. Quello che lascia perplessi è il sistema in sé, la conformazione pubblico-privato che si fonde perfettamente al punto da diventare un gatto che si morde la coda, il tutto con una facilità sconcertante.

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