Incontro Letta-Renzi, l’amore non sboccia e forse non lo farà mai

Enrico Letta e Matteo Renzi, storia di un amore che non sboccerà mai. E del resto non potrebbe che essere così, visto che il primo – agli occhi del secondo – occupa la poltrona che vorrebbe.

Detta così potrebbe essere catalogata come l’ennesima storia di dualismo politico, ma c’è dell’altro. E questo altro, è emerso prepotentemente durante il faccia a faccia fra i due di ieri mattina all’ora della colazione a Palazzo Chigi. Un luogo simbolo per entrambi, perché Letta vorrebbe restarci almeno fino al 2015, ma sotto, sotto puntando ad una ripresa economica tumultuosa che possa spianargli la strada per l’intera Legislatura. Renzi, invece, è convinto che è l’unico ad essere pronto a puntare a questo posto visto il mandato popolare che, a suo dire, il popolo delle primarie del Pd, gli ha conferito. Piccola postilla: esiste una differenza di fondo fra primarie ed elezioni, e per chiarire il tutto basta rivolgersi ai vari Achille Occhetto, Valter Veltroni e Pierluigi Bersani. Tutti e tre si sono scontrati con la vera “macchina da guerra”, Silvio Berlusconi. C’è da dire, però, che Renzi ha fra le mani un’occasione più unica che rara: il Caimano non sarà formalmente il suo competitor a causa di quel piccolo particolare che si chiama decadenza.

Si comprende bene, dunque, come il segretario Democrat stia facendo di tutto, naturalmente in modo sotterraneo, per portare gli italiani alle urne in tempi brevi. Fra un cornetto ed un cappuccino, i due 40enni all’arrembaggio si sono confrontati. Al termine del loro summit, nulla di ufficiale è trapelato. O meglio, Matteo ha lasciato spazio ad Enrico. È stato il Premier, infatti, a commentare il summit. “Riunione molto positiva”. Ma, di fatto, non ha generato alcun passo in avanti rispetto alla stesura di Impegni 2014, il patto di coalizione al quale Letta intende inchiodare Renzi. Anche perché Matteo il Giovane ha accettato l’incontro pur rimanendo sulle proprie posizioni, vale a dire prima si discute nella direzione del partito – incontro previsto il 16 gennaio – e poi fornisco l’elenco delle nostre priorità, alle quali il governo – volente o nolente – dovrà adeguarsi. Una posizione di forza che viene ribadita, sempre e comunque, ad ogni piè sospinto da Renzi e dalla sua cerchia.

Dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio traspare bene questo status quo. “Abbiamo due settimane fino al 20-21 gennaio in cui discuteremo di tutte le questioni che abbiamo di fronte. Negli ultimi 5 mesi è stata una continua scossa tellurica che ci ha fatto faticare. Ma oggi dobbiamo essere conseguenti alla formazione della nuova maggioranza e realizzare un cambio di passo che può essere favorito dalla circostanza che all’inizio del 2014, dopo 3 anni di emergenze finanziarie, si può far ripartire il Paese”. Questo nuovo anno, dunque, “può essere l’anno delle grandi opportunità, se sapremo coglierle”. Tutte dichiarazioni di intenti che, appena si entra nello specifico, fanno emergere i fossati delle divisioni: unioni civili, revisione della Bossi-Fini, Legge elettorale, Job Act e via discorrendo.

Come sempre il nodo cruciale – vista anche la calendarizzazione per il 27 gennaio – rimane quello relativo alla Legge elettorale. Le posizioni sul punto restano invariate. Il premier nell’incontro ha ribadito la linea che sulla riforma si dialoga con tutti, ma si parte dalla maggioranza. Renzi ha ribadito la sua idea che è quella di farla “con chi ci sta”. Certo l’ipotesi di un accordo con Forza Italia rappresenta per il sindaco anche un’arma da usare nella trattativa con Ncd.

E tra i Democratici c’è chi è pronto a scommettere che alla fine si arriverà a un’intesa sul doppio turno. Il sindaco, però, determinato ad andare alle europee avendo incassato la riforma, teme che possa esserci un problema di numeri. Sul punto, però, Letta lo rassicura spiegando che lo “aiuterà” a fare in modo che su uno dei tre progetti da lui proposti “si ritrovi la maggioranza”. E la chiosa del ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini è sintomatica: “Nessuno capirebbe se cadesse il governo per colpa della legge elettorale”.

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