Armi chimiche siriane, giovedì si conoscerà il porto italiano di trasbordo

Giovedì 16 gennaio si saprà in quale porto la nave danese effettuerà il trasbordo dei container contenenti le armi chimiche siriane sulla nave americana Cape Ray. Lo ha fatto sapere la signora ministro Emma Bonino da Parigi, dove si sono riuniti gli “Amici della Siria“. Le procedure burocratiche e ufficiali prevedono che il direttore generale dell’Opac, Ahmet Uzumcu, incontri il ministro degli Esteri Bonino per poi recarsi in Parlamento decretando pubblicamente davanti alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato il porto in cui avranno luogo le operazioni di trasbordo.

La decisione di neutralizzare le armi chimiche era venuta in seguito alla pubblicazione del dossier delle Nazioni Unite in cui si affermava che si erano riscontrate le prove dell’uso di tali armi nel conflitto. Il rapporto in questione cita “prove o informazioni credibili” riguardo agli attacchi di Al Ghouta, Khan al Assal, Jobar, Saraqueb e Ashrafieh Sahnaya. Così il 16 dicembre 2013 la Bonino affermava che i criteri di scelta che l’Opac avrebbe utilizzato per decretare il porto migliore sarebbero stati: “Il pescaggio, la capienza del porto e la lontananza o la vicinanza dal centro abitato“.

Servirà l’annuncio a placare le polemiche, i rifiuti netti delle amministrazioni locali tirate in ballo in questi ultimi giorni? Difficile dirlo. I richiami e le rassicurazioni non sembrano sufficienti. Le operazioni, hanno assicurato gli operatori, avranno luogo nella massima sicurezza: ispettori dell’Opac seguiranno ogni singolo spostamento dei container e li esamineranno ancora, una volta a bordo della nave americana. Il ministro degli Esteri ha rassicurato ulteriormente ribadendo che le armi chimiche non toccheranno il suolo italiano.

Ma le notizie corrono veloci di questi tempi e come al solito da oltreoceano piovono le critiche. Sì, perché il Wall Street Journal non ha perso tempo e ha così ripreso sia la lettera di netto rifiuto del governatore della Sardegna Ugo Cappellacci, sia quella del primo cittadino di Brindisi elaborando le cose all’americana: “L’opposizione locale in Italia rischia di ritardare il processo di distruzione dell’arsenale chimico siriano“. In realtà la parola “ritardi” non è stata usata da nessuno perché se la decisione spetta all’Opac e l’Italia ha fatto una promessa, le operazioni avverranno comunque. Non è un referendum.
Solo tre giorni ci separano dal verdetto.

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