“Eravamo in riunione e si stava parlando delle regole bancarie che entrano in vigore a febbraio e lì si è capito che vanno a scapito dei piccoli commercianti e delle piccole imprese. A quel punto Cioni si è alzato e se ne è andato“, racconta Angelo Liberati, presidente Fida-Confcommercio, ricostruendo quanto accaduto ieri mattina a L’Aquila.
Celso Cioni, direttore di Confcommercio L’Aquila, ha dichiarato di aver abbandonato la riunione per protesta e di essersi barricato nell’antibagno della sede dell’Aquila di Bankitalia “per lanciare il grido di dolore dei piccoli commercianti di questa martoriata città che, costretti dal terremoto a lasciare i propri negozi senza ottenere alcun sostegno e facendo debiti, si sono ricollocati alla meglio e sono disperati, con le banche che li tengono quotidianamente sotto pressione“.
Sul posto sono subito intervenute pattuglie della polizia, carabinieri, municipale, vigili del fuoco e 118. Cioni infatti si era rinchiuso portando con sé una tanica di benzina ed un accendino, minacciando di compiere una gesto estremo se qualcuno avesse provato a forzare le porte dietro le quali si era rinchiuso.
Il destinatario della protesta di Cioni infatti non era tanto la banca, quanto la mancanza di politiche economiche che sostengano i piccoli imprenditori e commercianti aquilani, abbandonati a se stessi dopo aver perso tutto con il terremoto del 2009. Sono migliaia infatti i commercianti che, quasi cinque anni fa, hanno visto crollare (o per lo meno diventare inagibili) i luoghi in cui erano situate le proprie attività, compresi di strumenti e risorse. Da allora, ognuno è stato costretto ad arrangiarsi come poteva, spesso risolvendosi col chiedere prestiti alle banche.
Banche che però non hanno guardato in faccia nessuno, riducendo così i commercianti del cratere sismico ad arrancare per saldare i debiti; con quali soldi però resta un mistero, considerando che con il terremoto ha subito un duro colpo anche l’economia della città. Chi ha perso negozi o ristoranti ha dovuto lottare prima per trovare un’altra sistemazione, spesso e volentieri pagando affitti alle stelle, e poi per ricostruirsi una clientela all’interno di un tessuto cittadino ormai scombussolato.
“Molti sono esasperati e ricorrono a medici e psicologi o a psicofarmaci per sostenere questo stato di cose di cui non hanno colpe – ha denunciato Cioni – Come sapete ci sono casi di suicidi. Per questo inizio sciopero fame e sete e domando se qui possono applicarsi le stesse regole di luoghi dove non è successo nulla. Basta con questa situazione che non meritiamo“.
“Cioni ha chiesto l’intervento del prefetto, che è in arrivo” ha avvisato il vicepresidente della Confcommercio provinciale, Alberto Capretti. “Desisterà solo davanti a rassicurazioni sull’impegno per varare misure a favore del piccolo commercio e delle piccole aziende“.
“La disperata protesta del direttore della Confcommercio dell’Aquila, ma anche il tragico gesto del commerciante milanese che ieri si è tolto la vita confermano, ancora una volta, l’assoluta urgenza di misure per sostenere l’economia reale e mettere le imprese in condizione di poter lavorare in maniera più semplice, più competitiva e meno onerosa e contribuire così al rilancio del Paese“, ha commentato il presidente nazionale di Confcommercio Carlo Sangalli, intervenuto sulla faccenda.
“Cioni si è messo sulle spalle una croce non sua perché ama questa città e questa provincia – ha commentato Alberto Capretti, vicepresidente di Confcommercio provinciale – Sta facendo questa cosa molto grave a suo discapito, ma non gli importa della gravità del gesto se potrà servire a salvare i commercianti e i piccoli imprenditori aquilani e del cratere”
“Non è giusto – ha sottolineato Cioni – che i commercianti paghino per colpe non proprie. Bisogna tutelare libertà di impresa e il diritto al lavoro che è fondamentale per qualsiasi civiltà. Non vogliamo i soldi, ma le ‘zappe’, perché noi aquilani siamo abituati a lavorare sodo, non a chiedere soldi. La vera ricostruzione è ridare lavoro, reddito e dignità ai piccoli imprenditori“