Lavoro all’estero: quando il cambiamento diventa necessità

Italiani che cercano fortuna al di fuori dei confini nazionali; si tratta di un tema fortemente attuale soprattutto negli ultimi anni dove a causa dalla crisi economica le opportunità di lavoro e, di conseguenza, la possibilità di ottenere una tanto sperata sicurezza a livello personale, si sono sempre più diradate.

Se prendiamo in considerazione anche solo l’anno appena trascorso, i dati sono a dir poco scoraggianti: la disoccupazione giovanile in Italia ha superato il 40%, segnando un record negativo che nel nostro Paese, anche in tempi di crisi, non era mai stato raggiunto. Esistono così circa 667 mila ragazzi compresi fra i 15 ed i 24 anni che sono ancora disoccupati e alla disperata ricerca di un lavoro che permetta loro anche solo di mantenersi. Le opportunità purtroppo scarseggiano e molte della aziende del made in Italy non si trovano nelle condizioni adatte per poter dare spazio alla nuove generazioni, anche perchè spesso si trovano costrette a dover spostare la produzione all’estero, per la vitale necessità di abbassare i costi della mano d’opera.

Cosa devono fare allora le nuove generazioni per avere qualche chance di realizzazione personale ? Cercare lavoro all’estero sembra essere l’opzione più scontata ma anche la più positiva e così sono molti i giovani italiani che hanno deciso di aprire una propria attività direttamente al di fuori dell’Italia.

Al termine emigrazione, sopratutto nella concezione attuale, viene molto spesso dato un connotato negativo; i migranti sono lo stererotipo dell’extracomunitario che non lascia il proprio Paese alla ricerca di un’occasione per migliorare la propria condizione ma che vive “sulle spalle” di chi lavora, tra mille sacrifici, per arrivare alla fine del mese. Molto spesso però ci si dimentica che anche noi italiani siamo stati e siamo tutt’ora un popolo di migranti e che perciò il termine “emigrazione” presenta mille sfaccettature non sempre negative.

Soprattutto nell’ultimo periodo sono molti i giovani che hanno deciso di andare all’estero per aprire una propria impresa senza nemmeno provare a fare altrettanto in Italia. Le motivazioni principali di questa scelta drastica riguardano la fiscalità, la cultura dell’impresa e la facilità nell’ottenere incentivi e finanziamenti. La scelta di tentare fortuna al di fuori dei confini nazionale non è certamente mossa da snobismo o dalla mancata volontà di investire in Italia: secondo l’ultimo rapporto della Banca Mondiale, “Doing Business 2014”, che segnala i Paesi dov’è più facile aprire una propria attività, l’Italia figura solo al 65° posto, alle spalle di Rwanda, Armenia e Botswana.

La Svizzera rappresenta sicuramente una delle mete più apprezzate dagli italiani per tre motivi: la vicinanza con i confini nazionali, gli stipendi mediamente più alti e la fiscalità, sia per le persone che per le imprese, che è tra le più basse d’Europa; sono i comuni ed i cantoni a riscuotere le tasse e grazie ad un diverso regime fiscale mantengono la pressione sulle imposte decisamente più bassa (15-25% per le aziende e 5-20% per le persone). Il Canton Ticino in particolare offre opportunità lavorative sopratutto grazie al riconoscimento di molti dei titoli di studio italiani. Il contratto di lavoro deve essere di almeno un anno e la domanda deve essere presentata presso il Servizio Regionale degli Stranieri.

Economia creativa a Copenaghen. Lo studioso Richard Florida elegge la città danese come la “Capitale dell’economia creativa”: “Copenaghen mette insieme un equilibrio che a noi italiani sembra quasi fantascienza. Talento supportato da un’ottima preparazione visto che un terzo dei suoi abitanti è laureato e ben due terzi lavorano in quello che è chiamato terziario avanzato”. Nella città danese è stato istituito una specie di “Campionato Mondiale delle Industrie Creative” a cui hanno partecipato finalisti di oltre 40 Paesi presentando la loro idea d’impresa sotto gli occhi di imprenditori ed esperti nella raccolta dei capitali. Tra le cinque start-up finaliste all’ultima edizione anche una italiana, “Orange Fiber” per trasformare gli scarti delle arance in tessuti eco sostenibili, di Adriana Santocio ed Erica Arena, direttamente dalla Sicilia.

Gli Stati Uniti e l’Australia rappresentano senza alcun dubbio due fra le mete più ambite per chi decide di cercare fortuna oltre oceano. Oltre al possesso del visto, che consente di poter rimanere sul territorio per un periodo di tempo limitato, un altro requisito molto importante è rappresentato dalle competenze personali e dal livello di specializzazione; una ricerca del “Reruitment Hydrogen” ha messo in luce che negli Stati Uniti le migliori opportunità lavorative riguardano i settori scientifici, tecnologici e finanziari e la stessa cosa accade anche per quanto riguarda l’Australia.

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