La legge spagnola sull’aborto è un abuso di potere

La riforma della legge sull’aborto, voluta dal partito conservatore spagnolo, ha indignato l’Europa. Si tratta, infatti, di un provvedimento fortemente restrittivo, che prevede l’aborto solo in casi di violenza sessuale e quando è accertato il “pericolo grave per la salute fisica e psichica” della madre, che dovrà essere serio e durevole. La presenza, invece, di malformazioni fetali, anche gravi, non sarà più considerata sufficiente per interrompere la gravidanza.

Questa riforma è da considerarsi un palese abuso di potere, tipico dei regimi totalitari, che pretendono di immischiarsi in faccende, che riguardano la sfera più intima dell’individuo e, in particolare, delle donne, che si trovano in situazioni difficili, talora drammatiche, che implicano scelte sofferte e conseguenze dolorose.

Le manifestazioni di protesta dimostrano che la grande maggioranza degli spagnoli è favorevole alla legge attuale, approvata dal Governo Zapatero nel 2010, che consente l’interruzione volontaria della gravidanza entro le prime quattordici settimane, anche per le minorenni. La volontà che ispira la nuova legge, invece, è quella di una esigua minoranza di cattolici oltranzisti, che ritiene la famiglia tradizionale, unita dal sacro vincolo del matrimonio, il baluardo di una società, che si vuole immobile e statica.

Già durante il fascismo contro la crisi, sia in Italia che in Spagna, si suggeriva alle famiglie di avere tanti figli. Alle famiglie numerose venivano, infatti, riconosciute varie esenzioni fiscali e la priorità nell’assegnazione di alloggi popolari e di altre provvidenze. Si giunse anche a fissare un ordine di grandezza per avere diritto a particolari privilegi: sette figli per le famiglie degli impiegati e dieci per tutte le altre. Era, inoltre, stabilito che i coniugati dovessero avere la precedenza sui celibi, e i genitori sui coniugati senza figli, nei concorsi e nelle promozioni negli impieghi pubblici, nelle assunzioni nelle imprese private e nel riconoscimento di licenze commerciali.

L’azione di propaganda a sostegno dell’incremento demografico era incessante. Nel dicembre 1933, ad esempio, vennero premiate con una visita nella capitale le 93 madri più prolifiche d’Italia. Erano donne che vantavano dai quattordici ai diciannove figli viventi. Ricevute dal Papa e poi da Mussolini, ritirarono dalle mani del Duce anche un premio in denaro.

Contro questa riforma della legge sull’aborto altri, più prosaicamente e realisticamente, hanno fatto notare che i costi sociali sarebbero insostenibili. Infatti, peggiorando la legge approvata dal Governo Zapatero, la legge Gallardon, dal nome del ministro della Giustizia che l’ha proposta, elimina la possibilità di aborto in caso di gravi malformazioni o malattie genetiche del feto, con un aumento dei costi in termini di welfare sociale.

Tutte smentite, quindi, le dichiarazioni di autorevoli rappresentanti del governo spagnolo, che giustificavano questo provvedimento con una positiva ricaduta economica sulla società attraverso un impatto benefico prodotto dall’incremento della natalità. Un banale richiamo alle tante teorie di associazioni, che spesso confondono il concetto di pro life con quello di no choise, che lasciano maliziosamente intendere un collegamento diretto tra aborto e crisi economica.

Per questo, in tanti hanno ribattezzato questa proposta di legge cruzada o contrarreforma, denunciandone il carattere regressivo e oscurantista, arrivando persino a paragonare Gallardón al Grande inquisitore. Quel che colpisce della nuova proposta, in ogni caso, è proprio il fatto che costringa a fare marcia indietro, per tornare a quando l’aborto era un delitto e non un diritto.

La verità sull’aborto è che si tratta ancora di un tabù avvalorato da pregiudizi e falsi miti. Le leggi restrittive non servono a nulla, non riducono il numero delle interruzioni di gravidanza, ma favoriscono solo gli interventi clandestini col rischio di danneggiare la salute delle donne.

Il diritto di scegliere dovrebbe essere l’unico principio in base al quale dovrebbe essere regolamentata la salute sessuale e riproduttiva delle donne. In alcuni paesi d’Europa, come Malta, Andorra, San Marino e Irlanda, questo diritto è ancora del tutto negato, negli altri Stati l’interruzione di gravidanza è consentita secondo tempistiche e procedure parzialmente diverse. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, si richiede alle donne di fornire delle buone motivazioni, in nessun caso può essere semplicemente il risultato di una decisione consapevole.

Se dovesse essere approvata in Parlamento la riforma sull’aborto, in Spagna la possibilità di abortire dipenderà dalla valutazione di due referti clinici e non dalla volontà delle dirette interessate. I medici, d’altra parte, saranno passibili di essere processati per il reato di aborto illegale, mentre alle donne non verrebbe attribuita alcuna responsabilità, in base al principio che la mujer siempre es victima, y nunca culpable.

Per celare l’incapacità nel proporre politiche in grado di rilanciare un’economia stagnante, problemi come l’aborto o l’immigrazione, ciclicamente vengono strumentalizzati dal politico di turno, che non lesina promesse di fantomatiche riprese economiche, quando, in realtà, l’intento celato è quello di provare ad eludere garanzie o ad intaccare diritti conquistati in oltre un secolo di rivendicazioni.

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