Nba e la campagna di espansione europea

Dal sogno americano al progetto europeo: il mercato globale rivoluziona antichi stereotipi rendendo concrete, o almeno alimentando, le voci che vorrebbero la Nba con un futuro nel vecchio continente. Progetto ambizioso per anni studiato dall’ormai ex commissioner David Stern e ora ripreso dal suo successore Adam Silver che, senza avere avuto il tempo di acclimatarsi al suo nuovo ufficio nell’imponente Olympic Tower di New York, ha vestito subito i panni di guida massima della lega cestistica statunitense.

Sono passati pochi giorni dal suo insediamento ma Silver ha già manifestato quali siano gli accorgimenti da apportare per migliorare ulteriormente il fatturato della potente macchina da soldi Nba: in occasione dell’ultima edizione del Global Games di gennaio, che ha visto Atlanta e Brooklyn sfidarsi nell’avveniristico impianto di Londra per un match di stagione regolare, il nuovo commissioner, al tempo ancora assistente di Stern, aveva speso parole importanti sul progetto di espansione del basket americano. Un mercato florido e allettante quello del vecchio continente, da sfruttare al meglio non solo con esibizioni o singole partite, ma anche con la possibilità che alcune squadre europee possano effettivamente entrare a far parte del variopinto mondo professionistico dello sport a stelle e strisce.

Benjamin Morel, vice presidente dell’organizzazione europea della Nba, ha palesato forte ottimismo circa la possibilità che alcune compagini attualmente impegnate in Eurolega, possano entrare dalla porta principale della Nba, con la creazione di una nuova division nel campionato americano. Impianti all’avanguardia, squadre di altissimo lignaggio tecnico, disponibilità economiche ingenti (questo di sicuro uno degli aspetti maggiormente tenuti in considerazione nella Grande Mela), rendono tutt’altro che utopico il progressivo allargamento globale della lega americana.

Londra, Berlino senza contare il colosso Turchia, uno dei paesi ad aver maggiormente investito negli ultimi anni nel campo della pallacanestro, vengono indicate come mete ideali per una simile campagna di espansione. I tanti giocatori europei impegnati in America hanno sempre reso elevatissimo l’appeal per match d’esibizione con idoli locali e squadre al seguito, tornati in patria per diffondere il “credo” cestistico Nba: Ye$ We Can.

Anche l’Italia è stata menzionata da Morel: 4 ambasciatori di rilievo (con Belinelli sempre più parte funzionale del sistema Spurs, Gallinari e Bargnani fermati da guai fisici e Datome dimenticato in quel di Detroit), un mercato legato al merchandising in continua crescita e una tradizione culturale sportiva di grande fascino per gli americani, rendono il nostro paese un’ipotesi da caldeggiare, almeno stando alle parole dell’alto rappresentante della Nba in Europa. In realtà l’arretratezza del sistema italiano è tale che le parole spese da quest’ultimo sembrino una speranza del tutto fuori portata: palazzetti fatiscenti, organizzazione burocratica ai minimi termini, un progetto senza futuro che rende ancora più importanti realtà non di primissimo piano che tengono alto l’onore della palla a spicchi tricolore, non rappresentano di certo lo scenario ideale per cercare nuove possibili fonti di guadagno per la significativa questua richiesta dalla Nba.

Che si tratti di una campagna pubblicitaria voluta dal nuovo commissioner o di un realistico e realizzabile progetto di espansione, appare certo come la Nba guardi sorridente e con notevole interesse verso l’Europa.

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