La bufala sulla ‘Storia dell’Arte’ è pericolosa. L’Italia perde tempo

La presunta notizia della cancellazione della Storia dell’Arte dai programmi scolastici sta infiammando il dibattito virtuale da più di un giorno, tra l’allarmismo di siti come ilmeridano.it e bloggokin.it che hanno lanciato la bomba sulla piazza senza analizzare a fondo la veridicità delle fonti e le conseguenze di una vicenda di tale gravità.

Il fatto riportato denuncia la decisione emersa dalla Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati, di non reintegrare le ore sottratte alla materia per mancanza di fondi necessari a sostenere la spesa. Una privazione contro la quale si è opposta con fermezza l’attuale Ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza che ha sottoposto in prima persona il caso alla Commissione.

Da dove nasce il problema? Il seme dello scandalo venne piantato nel 2009 quando al Parlamento passò la controversa Riforma Gelmini, nonostante le piazze italiane gridassero la propria opposizione “senza se e senza ma“. Il progetto, infatti, agli occhi di tutto il mondo scolastico ed accademico, appariva come un piano scellerato per smantellare l’istruzione pubblica e per questo motivo da ostacolare con tutte le forze nella sua attuazione. Andando nello specifico degli emendamenti, una delle discipline più sacrificabili era proprio quella della Storia dell’Arte che da decreto appariva soppressa da tutti gli indirizzi d’Istituti e Licei, come riportato dall’Associazione Nazionale Docenti di categoria.

In risposta alle proteste, l’ex Ministro Gelmini si è da sempre trincerata dietro le parole “menzogne” e “disinformazione“, rispondendo ai dubbi tramite i dibattiti televisivi e le note ufficiali.

Si legge nella nota dell’ex Ministro: “La presunta riduzione di ore di storia dell’arte non trova alcun riscontro nei nuovi programmi introdotti con la Riforma della scuola secondaria di secondo grado. Rispetto infatti al precedente ordinamento nel liceo scientifico il totale delle ore dedicate alla storia dell’arte, integrato con il disegno tecnico, è rimasto assolutamente invariato anche se l’orario è stato rimodulato.Nel liceo classico il vecchio ordinamento prevedeva un’ora di storia dell’arte in terza e quarta e due ore in quinta. Dopo la Riforma le ore di storia dell’arte sono state aumentate a due per tutti gli anni del triennio. La Riforma ha inoltre esteso lo studio della storia dell’arte inserendola in tutti i programmi dei nuovi licei che sono stati creati: il Liceo delle scienze umane, il Liceo Linguistico, il Liceo Musicale oltre naturalmente il Liceo artistico che è stato profondamente riorganizzato.”

Gli sforzi di far apparire la Riforma come positiva e ben strutturata, hanno continuato a scontrarsi per tutti questi anni con le analisi di chi vive in prima persona le conseguenze pratiche del nuovo disegno, esprimendo senza mai fermarsi il proprio dissenso verso un modello d’istruzione che denigra il patrimonio culturale del nostro Paese impoverendo l’offerta scolastica soprattutto negli Istituti tecnici e professionali, e colpendo le materie umanistiche, tanto preziose quanto sostituibili. Neanche i successori alla poltrona di Maria Stella Gelmini si sono dimostrati nei fatti interessati a sistemare le profonde contraddizioni emerse, arrivando con il nuovo Ministro Carrozza alla presentazione in ottobre del Decreto Scuola nel quale ancora una volta la criticità intorno alla Storia dell’Arte veniva rimandata ad interventi successivi.

L’occasione per rimettere in primo piano la discussione sulla difesa della materia è stata colta immediatamente, con una petizione di circa quindicimila firme – tra le quali nomi autorevoli come Salvatore Settis, Adriano La Regina, Cesare De Seta, Rosi Fontana, Stella Targetti – presentata durante la discussione del Decreto alla Camera e al Senato. La proposta di correzione è stata abbracciata dal Ministro e dalla Commissione, con l’obiettivo principale di trovare le risorse economiche necessarie affinché il settore scuola e cultura torni a splendere nonostante i tagli economici e le minacce ideologiche.

In questo quadro complesso e variegato si è inserita la notizia dell’abolizione, che risulterebbe falsa e smentita attraverso un comunicato stampa riportato in parte da Artribune.it e che si riferisce alle dichiarazioni dell’onorevole del PD Simona Flavia Malpezzi, membro della Commissione.

Non sappiamo quali siano le fonti su cui si basa questa notizia, ma sarebbe bastato, per esempio, consultare i resoconti dei lavori della Commissione per scoprire, invece, che il Partito Democratico ha proposto, evitando disorganiche richieste di aumento orario per diverse discipline, il monitoraggio di tutta la Riforma Gelmini, quadri orari compresi, e un riordino delle classi di concorso che consenta di mettere mano agli errori compiuti dal duo Tremonti-Gelmini.”, dichiara la Malpezzi.

Il rischio di perdere l’immenso contributo delle discipline storico-artistiche pare scampato, anche se – per dovere di cronaca – come non viene riportato nessun riferimento a link o fonti ufficiali nei blog che hanno sollevato il caso cancellazione, nella stessa maniera non vi è possibilità di rintracciare sulla pagina ufficiale della Camera dei Deputati il testo integrale del comunicato. Un dato è certo e lampante: le parole volano con il vento, i fatti rimangono. E per ora le azioni concrete per valorizzare, integrare e custodire l’imparagonabile patrimonio lasciato dai padri della nostra cultura, non sembrano essere sufficienti e dignitose. Come non lo è la speculazione sulla notizia senza spessore, che non contribuisce in nessuna maniera alla riflessione accurata su un tema tanto delicato, non produce dal confronto autentico alcuna alternativa ma si preoccupa esclusivamente di fare botti da visualizzazione.

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