Terra dei Fuochi e Ilva, il decreto diventa legge

Il Senato ha approvato il decreto sulla Terra dei Fuochi e sull’Ilva, che ora dunque è legge. Tutte le forze politiche hanno votato a favore, eccetto Movimento Cinque Stelle e Lega Nord: 174 i sì, 58 i no e 12 le astensioni. Il testo uscito dalla Camera è stato mantenuto inalterato.

“Dopo decenni è la prima risposta a quel dramma. Impegno ora ad applicarlo bene” ha twittato Letta soddisfatto. D’accordo il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando: “Non tutto è risolvibile con un decreto, ma questo è un punto di partenza che può consentire un percorso di riscossa”. Critici invece i grillini: “Il testo è una accozzaglia di falsità e spot elettorali al posto di una costruttiva pianificazione per il ripristino dei siti inquinati e di una vera tutela della salute dei cittadini” ha tuonato la portavoce Serenella Fucksia.

In concreto la legge istituisce il reato di combustione illecita, che prevede la reclusione da due a cinque anni per chi dà alle fiamme cumuli di spazzatura abbandonata, e fino a sei anni se si tratta di residui tossici o se il fatto avviene in un territorio alle prese con l’emergenza rifiuti, com’è, appunto la zona di Casal di Principe. Vengono inoltre stanziati 50 milioni di euro per dare la possibilità alla popolazione di sottoporsi a screening medico-sanitari e nel caso dell’Ilva si introduce una speciale procedura per l’autorizzazione alla realizzazione di interventi di tutela ambientale e sanitaria nell’area dello stabilimento. Verranno predisposti nuovi strumenti per mappare e bonificare i territori inquinati, che potranno essere posti sotto il controllo dell’Esercito. Infine verrà creato il Fondo unico giustizia, che avrà lo scopo di raccogliere i finanziamenti per le bonifiche e sarà alimentato dai beni sequestrati alla criminalità organizzata.

Intanto i vertici dell’Ilva hanno annunciato la chiusura degli stabilimenti di Torino e Patrica (Lazio), che contano rispettivamente 67 e 22 dipendenti. La decisione è stata spiegata con la mancanza di lavoro per l’impianto laziale e con gli eccessivi costi di mantenimento per l’impianto piemontese. Dura la risposta dei sindacati. La Fim – Cisl ha chiesto immediatamente un confronto con i dirigenti dell’azienda, sotto accusa per aver decretato la chiusura ancor prima della discussione del Piano industriale. Dovrebbe invece rimanere aperto lo stabilimento di Novi Ligure.

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