La Svizzera dice sì alle quote per i lavoratori stranieri

La Svizzera dice alla volontà di stabilire un tetto per i lavoratori stranieri e frontalieri che lavorano sul territorio elvetico. Questo l’esito del referendum promosso dall’UDC a cui oggi i cittadini Svizzeri hanno dovuto rispondere. I sì hanno vinto sui no con circa ventimila voti di scarto. In percentuale, un 50,3% contro il 49,7% dei no.

Il sì ha prevalso sia nella maggioranza dei Cantoni che ottenendo la maggioranza dei voti validi. I cantoni contrari all’iniziativa sono stati quelli francofoni e il canton Zurigo, mentre in tutti gli altri ha vinto il sì, nonostante il parere contrario del Consiglio federale, ovvero il governo svizzero. Anche nel Canton Ticino, quello di lingua italiana, la percentuale dei favorevoli è stata di poco meno del 70%.

Il governo federale aveva sottolineato che “l’immigrazione contribuisce in misura considerevole al benessere della Svizzera” e che “l’introduzione di tetti massimi comporterebbe ingenti oneri burocratici per lo Stato e le imprese: l’iniziativa potrebbe segnare la fine della libera circolazione delle persone e degli altri accordi conclusi con l’Unione europea nel quadro degli accordi bilaterali con l’Ue”.

Da questo momento la Svizzera ha tre anni di tempo per rinegoziare gli accordi sulla libera circolazione delle persone e introdurre “tetti massimi annuali e contingenti annuali per gli stranieri che esercitano un’attività lucrativa sul territorio elvetico. Tetti massimi che devono essere stabiliti in funzione degli interessi globali dell’economia svizzera e nel rispetto del principio di preferenza agli Svizzeri e devono comprendere anche i frontalieri”.

Da Bruxelles si dicono “rammaricati” perché “questo va contro il principio della libera circolazione delle persone tra l’Ue e la Svizzera” e Martin Schulz, presidente dell’ Europarlamento, scrive su Twitter che “I trattati devono essere rispettati. La Svizzera trae vantaggi dal mercato internazionale, la libertà di movimento è cruciale. Le reazioni nazionali devono essere pacate”. Invitando così la comunità internazionale alla calma evitando reazioni a caldo.

Le proteste più energiche sono arrivate dalla Lega nord che, con il senatore Stefano Candiani, tuona “Gli svizzeri fanno i loro interessi accogliendo le imprese italiane e i nostri capitali, salvo poi chiudere la porta in faccia ai nostri frontalieri quando la crisi comincia a farsi sentire fra i lavoratori d’oltreconfine. Il problema è che il nostro governo non sa e non vuole fare altrettanto, tutelando veramente le migliaia di lavoratori delle province di confine”. E annuncia battaglia: “Il tempo delle buone maniere è finito. Nelle prossime ore metteremo in atto tutte le azioni possibili per tutelare la nostra gente e per mettere Enrico Letta e il ministro Saccomanni con le spalle al muro: Pd, Scelta Civica e Nuovo Centrodestra dovranno assumersi le proprie responsabilità e spiegare cosa intendano fare. Fino ad ora il governo italiano ha pensato solo a come recuperare i soldi illegalmente esportati in Svizzera, ignorando i problemi dei frontalieri e dei ristorni per i comuni di confine, occupandosi solo di fare cassa considerando Varese e Como terra ai margini dell’Impero: temiamo che continuerà su questa strada, se lo farà troverà però nella Lega Nord un fronte compatto e pronto a tutto”.

Insomma, ancora una volta questa è la dimostrazione che siamo tutti a sud rispetto a qualcun altro.

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