Totoministri, imbarazzo per Barca mentre cresce l’importanza di Alfano

Prime difficoltà per il premier incaricato Matteo Renzi. Dopo aver conquistato la poltrona in maniera ancora discutibile per parecchi italiani (sia politici che cittadini comuni), il modo più veloce per recuperare fiducia è metter su una squadra di ministri a dir poco invincibile: non più di 15, provenienti dalla vecchia politica o del tutto nuovi all’ambiente. Ma il totoministri si prospetta già combattuto.

Difficile e delicata anche la scelta per il ministero degli Interni, che molto probabilmente resterà ad Angelino Alfano insieme alla vicepresidenza del Consiglio. Ma il suo nome è affiancato da quello di Graziano Delrio, ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie nel governo Letta, cui toccherebbe il sottosegretariato alla presidenza del Consiglio. La questione è riuscire a garantire un ruolo chiave soprattutto al leader del Nuovo Centro Destra, il cui appoggio alla nuova premiership è fondamentale se Renzi vuole conservare qualche possibilità di proseguire sulla strada delle riforme.

Inizialmente si era parlato di Alessandro Baricco alla Cultura. Già attivo nel cinema e nell’editoria, l’idea tuttavia deve aver lasciato lo scrittore più perplesso che entusiasta: ed ecco il primo rifiuto. Il secondo è arrivato da Gino Strada, fondatore di Emergency. A questo punto, la carica di ministro della Cultura è tra quelle ancora in forse. Si valuterà nelle prossime ore il nome di Dario Franceschini, ma altri papabili sono l’ex direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli o l’ex presidente del Pd Gianni Cuperlo.

Difficoltà anche per trovare un sostituto dell’ex ministro dell’Economia Saccomanni. Il primo rifiuto dal manager di Luxottica Andrea Guerra, poi quello di Romano Prodi, infine declina l’invito anche l’economista Lucrezia Reichlin.
Ma l’imbarazzo più pesante si è rasentato quando, raggiunto da una telefonata di un sedicente Nichi Vendola (in realtà si trattava di un ennesimo tranello della “Zanzara”), anche l’ex ministro Fabrizio Barca si è tirato fuori: «Sono sotto una pressione crescente. Ma non ci penso proprio!», ha dichiarato, forse un po’ più apertamente di quanto avrebbe fatto davanti alle telecamere.
Dopo il netto rifiuto anche da parte di Renzo Rosso, patron della Diesel, a restare in forse rimangono l’economista Tito Boeri e Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea.

Per il ministero dello Sviluppo economico si parla dell’ex presidente Telecom Franco Bernabè, che avrebbe surclassato l’amministratore delegato delle Ferrovie dello stato Mauro Moretti; per l’Istruzione, invece, il nome della linguista Stefania Giannini è caldeggiato da Scelta Civica, ma potrebbe doversi contendere la poltrona con l’economista Irene Tinagli o con il giornalista e storico Andrea Romano.

Per il ministero del Lavoro, che si dovrà far carico dell’ambizioso Jobs Act proposto da Renzi, Giovannini dovrà lasciare il posto a qualcun altro: si parla di Tito Boeri, ma anche di Guglielmo Epifani. Pippo Civati avrebbe già rifiutato l’incarico.

Via la Cancellieri dalla Giustizia: al suo posto potrebbero entrare il vice presidente del CSM Michele Vietti o Livia Pomodoro, presidente del Tribunale di Milano. Ma anche qui non è escluso il nome di Angelino Alfano.

Alla Difesa si parla di Federica Mogherini e Roberta Pinotti, rispettivamente deputata e senatrice Pd. Ma si mormora anche su Arturo Parisi, ex ministro nel governo Prodi.
Ci penserebbe invece Ernesto Carbone, anche lui democratico, a sostituire Nunzia De Girolamo al dicastero dell’Agricoltura – dopo il rifiuto del patron di Eataly Oscar Farinetti.

Alle Riforme andrebbe Maria Elena Boschi, in lizza con Debora Serracchiani per il posto fin’ora occupato da Gaetano Quagliariello. Ma la Boschi potrebbe finire anche al ministero dei Rapporti con il Parlamento, per il quale insieme al suo è stato proposto il nome dell’attuale vice presidente della Camera, Roberto Giacchetti.

Presumibilmente conserveranno invece il proprio posto i ministri degli Esteri Emma Bonino, quello dell’Ambiente Andrea Orlando, quello dei Trasporti Fabrizio Lupi e infine la Salute, che resterà alla Lorenzin.

Una novità del tutto inedita invece sarebbe quella di un nuovo ministero, quello del Made in Italy, che Renzi vorrebbe affidare a Luca Cordero di Montezemolo. Il suo compito, facilmente intuibile, sarebbe quello di promuovere i prodotti italiani all’estero.

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