Siria, la fotografia di un bambino solo nel deserto diventa simbolo del dramma

A volte le parole non sono sufficienti. A volte si ha bisogno di immagini, immagini come questa che sta facendo il giro del mondo e del mondo social. Una fotografia che racconta una storia e fa la Storia, come la bambina dal cappotto rosso di Schindler’s List per esempio o come quella della ragazza afghana della celebre copertina del National Geographic. Così questo bambino fotografato nella sua semplicità, in mezzo al deserto, con la giacca aperta e un sacchetto di plastica come bagaglio di una breve esistenza dal futuro che definire incerto è dir poco.

Il 16 febbraio Andrew Harper, rappresentante dell’UNHCR in Giordania, pubblica questa foto su Twitter e colpisce tutti, innescando i meccanismi che ben conosciamo. La storia che c’è dietro al fotogramma di questa giovane vita è una storia purtroppo comune a molti altri bambini siriani, costretti a lasciare le proprie radici per colpa di una guerra civile che non ha fine e continua a martoriare un Paese e un popolo oramai ridotto alla fuga. L’esodo dei profughi in corsa tra il confine siriano e giordano, dove è appunto stata scattata la fotografia, è rapido, affollato, crudo. Così succede che molte mamme perdono la mano dei bambini e i padri perdono di vista i figli nella calca verso una salvezza fragile come il loro destino. Il bambino di questa foto è rimasto indietro ma dieci minuti dopo lo scatto ha ritrovato il passo e la sua famiglia.

Questa immagine diventa più potente peró se le parole e le notizie, composte dalle parole, la seguono. Sembrerebbe infatti che un gruppo di donne e bambini abbia provato ad accedere dal Marocco alla città spagnola di Melilla ma che inspiegabilmente non sia riuscito a calpestare il suolo europeo. Ecco perché l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha inviato messaggi forti e chiari alle autorità europee: “I siriani sono in condizioni disperate ed hanno bisogno di tutta la nostra solidarietà e supporto. Negare loro l’accesso in Europa è una cosa difficile da comprendere e da giustificare“.

Quel bambino fa parte di 2,4 milioni di profughi che hanno abbandonato la Siria. L’UNHCR lancia l’ennesimo appello, insieme a Human Rights Watch ma ancora, dopo quasi quattro anni dall’inizio del conflitto, manca un intervento congiunto anche per questioni più tecniche come un profilo comune da adottare per le richieste di asilo politico o di gestione delle frontiere. A cosa è servita Ginevra 2? A cosa sono serviti i discorsi di Obama alla Nazione e all’Europa quando si trattava di concretizzare un intervento? Perché ancora una volta ci fermiamo di fronte a un’immagine, l’ennesima e, se si vuole, neanche così straziante come quelle che invece riguardano le conseguenze dell’attacco con il Sarin e che avevano scosso diversi capi di Stato? Allora se le immagini sono più veloci e dirette, perché la Siria è ancora in balia di un destino oscuro?

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