L’agroalimentare funziona: i consorzi italiani conquistano il mercato estero

Il settore agroalimentare in Italia ha registrato nello scorso anno un andamento positivo che lo ha reso l’unico in grado di produrre un fatturato in attivo, soprattutto negli scambi con l’estero.
Secondo uno studio della Coldiretti le ragioni di questo boom sono da ricercare nella diffusione a livello mondiale della dieta mediterranea ed alla sicurezza dei nostri prodotti.
Secondo le analisi eseguite dall’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, i prodotti che hanno un residuo chimico oltre il limite sono solo lo 0,3%, risultati che sono comunque inferiori rispetto alla media europea ed, addirittura, ben 26 volte inferiori a quella extracomunitari.

La spinta al fatturato è data in primo luogo dal vino, seguito dai prodotti ortofrutticoli freschi, dalla pasta e dall’olio. Tutti prodotti che trovano origine all’interno di consorzi, enti in grado di superare i limiti delle aziende familiari, unendo produttori e trasformatori delle materie prime.

I consorzi sono enti senza scopo di lucro che hanno lo scopo di tutelare, promuovere e valorizzare i prodotti, soprattutto dal punto di vista della concorrenza sleale. Proprio per questo i prodotti caratterizzati dalle sigle Dop, Igp,Doc, Igt, Docg sono quelli che riscuotono maggior successo.
I consorzi hanno la possibilità di richiedere al Mipaf, Ministero delle politiche agricole e forestali, il riconoscimento della loro personalità giuridica in modo tale che pur restando enti di diritto privato possono assumere carattere pubblico nei confronti dei produttori che fanno uso delle denominazioni.
Per poter chiedere il riconoscimento è necessario che il consorzio risulti rappresentativo della produzione che immette sul mercato e deve essere in grado di coinvolgere tutta la filiera produttiva.
I consorzi che, invece, non riescono ad ottenere il riconoscimento sono sottoposte ai controlli ed ai vincoli del Mipaf in relazione alle denominazioni.

Dal rapporto di Ismea, l’istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, si evince che nel 2012 si è realizzato un giro d’affari potenziale di circa sette miliardi di euro alla produzione e 12,5 miliardi di euro per quanto riguarda il valore al consumo.
Naturalmente sono dati generati dalle esportazioni, visto che il mercato nazionale è fortemente contratto a causa della crisi economica.

Dallo studio risulta che il prodotto più esportato è il Grana Padano Dop con un valore di 1,8 miliardi di euro, cui segue il Parmigiano Reggiano Dop con 1,3 miliardi, mentre al terzo posto si piazza il Prosciutto di Parma Dop con 981 milioni.

Dall’analisi dei dati si evince, inoltre, che il valore dei marchi non si rispecchia su uniche aziende ma su intere aree geografiche, ragion per cui costituisce un vero e proprio patrimonio locale, non esportabile e, soprattutto, non a rischio di fallimento.

Da non dimenticare, infine, che grande risalto ai prodotti con denominazioni geografiche protette è dato dalla larga diffusione dello “street food”, il cibo da strada, che attraverso chioschetti e bar riafferma il legame del prodotto al territorio e si pone come un nuovo canale di promozione e tutela.

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