Dopo 5 anni di tassi negativi, le banche europee avvertono il contraccolpo negativo

La decisione, risalente al 2014, di rendere il tasso d’interesse negativo da parte della BCE era una misura temporanea per combattere la deflazione che minacciava la zona euro. Dopo cinque anni, questi tassi restano ancora negativi e le banche europee si chiedono il perché, soprattutto dopo che il 12 settembre la BCE ha ridotto quello più importante sotto lo 0,5%. La protesta più forte arriva dal Paese che attualmente ha il sistema bancario più problematico: la Germania.

Deutsche Bank, tramite la voce del suo Amministratore Delegato Christian Sewing, ha fatto sapere che questo trend minaccia sempre più la stabilità del sistema finanziario, definendo i tassi negativi “poco ragionevoli e sostenibili”.

Se, all’inizio, la politica di allentamento quantitativo voluta dalla BCE aveva generato effetti positivi sulle obbligazioni detenute dalle banche, che avevano aumentato il loro valore, e sulla stessa redditività, in crescita grazie ai prestiti offerti a condizioni e a tassi più agevolati alla clientela, negli ultimi due anni i profitti hanno cominciato a subire un duro colpo. Questo perché in Europa circa il 60% delle entrate del settore bancario arriva dagli interessi netti, ossia quelli risultanti dalla differenza tra tassi di indebitamento e tassi sui prestiti; siccome i tassi sono così bassi o negativi, ciò incide appunto sulla redditività delle banche.

Gli investitori hanno reagito di conseguenza: dal 2014 ad oggi, l’indice bancario EuroStoxx è sceso del 50%. La maggior parte dei principali istituti di credito dell’Eurozona commercia ad una frazione del loro valore contabile. Intesa Sanpaolo, la più importante banca italiana, negozia al 75% del valore contabile, ma la norma per altre banche è compresa tra il 30% e il 40%.

Le banche che hanno subito il maggiore contraccolpo negativo sono quelle che fanno affidamento sui depositi per la maggior parte dei loro finanziamenti: da BNP Paribas in Francia al Banco Santander in Spagna. Per motivi commerciali o talvolta legali, i finanziatori della zona euro non hanno “trasmesso” i tassi negativi ai loro clienti; tutto questo si è tradotto nella “schiavizzazione” dei depositi con una commissione.

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