Eros Ramazzotti, il cantante “seccato” protegge i suoi figli: “Che società è?”

Eros Ramazzotti riesce allo scoperto e dopo l’addio a Marica Pellegrinelli cerca di proteggere i suoi figli in qualunque maniera. Dura critica al modello societario.

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Eros Ramazzotti durante un’intervista (Getty Images)

Quando una società non va, a risentirne non siamo solo noi, “gente comune”, ma anche chi è al centro dei riflettori, ventiquattro ore su ventiquattro. Se qualcuno o qualcuna, di mestiere, fa il cantante, l’attrice, la cantante o l’attore, e così via, non è detto che debba finire al centro delle polemiche o degli scoop, sempre e comunque.

A prendere parola, nelle ultime ore, è stato proprio Eros Ramazzotti. Il cantante, che da qualche tempo si è lasciato con Marica Pellegrinelli, esattamente dall’estate del 2019 è tornato a parlare del rapporto con il mondo della “pubblicità” in relazione ai suoi figli. Eros non ci sta: per lui questa società è malata e continuare a percorrere questi passi è come scavarsi la fossa da soli. Ma c’è un motivo per cui sono state fatte queste considerazioni.

“I figli devono sapere certe cose dai genitori”: Eros Ramazzotti contro il modello della pubblicità

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Eros Ramazzotti sul palco (Getty Images)

Proprio non ci sta Eros Ramazzotti. Il cantante, nelle ultime ore, ha lanciato un duro attacco a paparazzi e giornalisti che inventano storie su di lui: “Ogni due settimane mi ritrovo a dover spiegare ai miei figli cose che non stanno né in cielo né in terra. Con mia figlia che mi chiede: ‘Papà hai una nuova amica?'”

Molto seccato il cantante romano. Quest’ultimo non vorrebbe, mai, che certe cose uscissero dalla bocca di gente terza e rivela: “Posso capire se fossi da solo. A quel punto gestirei io la situazione. Ma quando ci sono dei figli di mezzo? Mia figlia Rafaela viaggia molto su Internet. Ogni tre per due mi chiede delle mie nuove ‘amiche’. Secondo voi cosa possono risponderle. Niente, questa società è malata nella sua essenza”. Niente da dire, se non dare ragione a Ramazzotti che solleva una questione molto delicata: fino a che punto siamo disposti a vendere una cosa che produce “scoop”, anche se questa non è vera?

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