I lavoratori che sono andati in pensione con Quota 100 hanno diritto al TFS entro un tempo prestabilito: se arriva in ritardo scattano gli interessi.

Quota 100, il meccanismo di pensionamento introdotto dal primo governo Conte nel 2018, ha permesso a molti lavoratori di andare in pensione “in anticipo”. La legge infatti prevedeva di lasciare il lavoro al compimento dei 60 anni e con almeno 40 anni di contributi versati. Per questo motivo molti lavoratori hanno approfittato di questa possibilità per ritirarsi dal lavoro.
Come per tutti i lavoratori, chi va in pensione sfruttando questo meccanismo ha diritto al Trattamento di Fine Servizio o TFS. La somma, equivalente circa ad una mensilità per ogni anno lavorato, si può riscuotere dopo 2 anni dalla fine del rapporto di lavoro. Può capitare però che il pagamento del TFS arrivi in ritardo: in queste circostanze c’è un meccanismo che tutela il neo-pensionato.
Se il ritardo nell’erogazione supera i tre mesi il pensionato ha infatti diritto agli interessi legali per ogni giorno di ritardo dopo lo scoccare dei 90 giorni. L’interesse annuo, secondo una circolare dell’INPS entrata in vigore il 1 gennaio 2019, è dello 0,8% annuo: ciò significa che ogni anno ricomincia il calcolo degli interessi sulla cifra maturata.
Governo al lavoro per superare quota 100: le proposte del Parlamento

Da qualche mese il governo è al lavoro per una nuova riforma delle pensioni, che dovrebbe sostituire Quota 100 a partire dal 1 gennaio 2022. Il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo sta lavorando di concerto con i sindacati e le associazioni di lavoratori per creare un nuovo sistema di pensionamento. Al momento le proposte del governo sono due, a cui se ne aggiunge una delle grandi federazioni sindacali nazionali (CGIL, CISL e UIL).
Dal governo è arrivata la proposta della cosiddetta Quota 98, cioè un pensionamento a 62 anni con almeno 36 di contributi versati. Questo meccanismo si rivolge ai lavoratori che hanno svolto lavori usuranti. Per tutti gli altri invece arriverebbe Quota 101, cioè l’abbandono del mondo del lavoro a 64 anni con 37 anni di contributi. I sindacati propongono invece Quota 41, cioè il pensionamento per tutti i lavoratori con 41 anni di contributi e senza limiti di età.
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