Cina, cresce export e occhio ai tassi

Buone notizie da Pechino. Il nuovo colosso asiatico non ferma la sua corsa della produzione industriale, in particolare di quella manifatturiera. L’indice relativo alla manifattura segna a marzo 52,5 punti, in espansione dai 51,7 punti di febbraio. In crescita anche il settore industriale complessivo, che passa a 55,1 punti, ai massimi da due mesi.

Ma ciò che meglio soddisfa il governo cinese è che sembra allentarsi la morsa dell’inflazione, in riferimento ai costi. Questo potrebbe indicare una reazione appropriata dell’economia cinese alle misure di politica monetaria restrittiva intraprese dalla banca centrale e dal governo di Pechino.

A trainare la produzione ancora una volta sono le esportazioni, le quali crescono a un ritmo più veloce dei consumi interni.

Il governo cinese ha dichiarato, infine, che i tassi attuali sembrano essere appropriati, rispetto all’obiettivo di contenere l’inflazione annua del 2011 al 4%. Sarebbe, comunque, un rialzo dal 3,2% del 2010.

I tassi, quindi, verrebbero mantenuti positivi, in termini reali, cioè, superiori all’inflazione. D’altronde, come dicono da Pechino, in una situazione quale quella cinese, bisogna intervenire con prudenza sulla politica dei tassi, perchè un loro incremento determina un aumento dei capitali in entrata, quindi, flussi maggiori di denaro, che spingono verso un aumento dei prezzi.

La contraddizione deriva dal fatto che l’economia cinese è “export-oriented”, con un tasso di cambio fisso, che non reagisce alle dinamiche dell’interscambio di merci e capitali con l’estero. Solo un progressivo apprezzamento della valuta, come fortemente richiesto dagli USA, potrebbe determinare un riequilibrio dei flussi e una liquidità appropriata, tale da garantire la stabilità dei prezzi.

 

 

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