La caduta dell’impero, ora gli USA rischiano il crollo

Bocciata su tutta la linea. L’amministrazione Obama ha fallito. A breve, potrebbero giungere le dimissioni del Segretario al Tesoro, Timothy Geithner, che con il presidente è stato l’artefice del disastro finanziario in cui ha incagliato l’America. Un fatto, quello accaduto qualche ora fa, ossia il declassamento del debito USA, ad opera di S&P, che non rimarrà senza conseguenze, per quanto l’agenzia abbia soltanto preso atto di una situazione che è già sotto gli occhi di tutto il mondo da anni.

Il debito ha superato già il 100% del pil e entro il 2016 si prevede che esso arrivi al 112%. Il deficit federale ammonta al 10,8% del pil e non sono state ancora messe in atto strategie credibili per un suo abbattimento. Per non parlare del passivo commerciale degli USA, che pesa come un macigno sulla tenuta del dollaro a livello internazionale.

Una bomba esplosiva, che potrebbe deflagrare al più presto, se gli investitori dovessero pensare che sia giunta l’ora di assegnare agli USA una minore credibilità. E’ soltanto per il bene fiducia che l’America, nonostante i suoi conti sballati, negli ultimi anni ha continuato a trovare generosi creditori esteri, per il suo ingente debito. Oltre tutto, i bassi tassi offerti, per via di una politica Fed strutturalmente accomodante, e la debolezza del dollaro sui mercati valutari, non sarebbero buoni incentivi all’acquisto di titoli USA. 

Appunto, è solo sulla fiducia che il 46% dei Treasuries è in mani straniere. E già la Cina, subito dopo il downgrade, ha chiesto agli USA precise garanzie. Essa detiene l’8% dell’intero debito americano, per un valore complessivo di 1160 miliardi di dollari e pari a oltre il 17% del totale vantato dagli investitori esteri.

Se i titoli del debito americano, da oggi in poi, dovessero essere trattati per quello che sono e non per la super-potenza che essi rappresentano, il rischio che crolli tutto il sistema finanziario è reale. La Fed dovrebbe almeno aumentare i tassi, per allettare gli investitori, ma la sua linea politica rende l’operazione molto irrealistica e un’impennata dei tassi, dopo anni di interessi zero, potrebbe fare ripiombare gli americani in una crisi dai tratti simili a quella del 2008.

 

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