Colombia, ucciso capo Farc. Bogotà in festa

Tutta la Colombia è in festa per l’uccisione dell’ultimo capo delle Farc, il movimento dei guerriglieri narcos terroristi e marxisti, Alfonso Cano, su cui pendeva una taglia di 5 milioni di dollari. L’uomo è stato assassinato in uno scontro a fuoco con i militari. Ricercato da tre anni, quando aveva preso il posto del comandante storico delle Farc, Manuel Marulanda, la sua morte segue di un anno anche quella del capo militare dell’organizzazione terroristica, Mono Jojoy. A questo punto le Farc sembrano essere destinate a un rapido scioglimento o a un’agonia ormai quasi certa. L’organizzazione è ormai priva di una guida e non ha più nè una forte base di consenso, nè tanto meno una base militante sufficiente. Si calcola, infatti, che gli attivisti del movimento terrorista siano non più di seimila, contro gli oltre ventimila degli anni Novanta. Lo sgretolamento delle Farc si deve alla strategia messa in atto negli ultimi anni dal governo Juan Manuel Santos, ossia da un lato di aumentare la repressione militare, dall’altra di consentire un reinserimento nella società di quanti abbandonano la lotta armata. Grazie a quest’ultimo espediente, sarebbero migliaia le persone che ne hanno approfittato per ritornare alla vita civile e rinunciare a lottare contro il governo di Bogotà.

D’altronde, il presidente è stato chiarissimo e il suo messaggio ai guerriglieri è sempre lo stesso: “Potete scegliere tra la galera o la tomba“!

Alfonso Cano aveva 63 anni, nato nel 1948, figlio di una famiglia della media borghesia, aveva anche frequentato l’università, diventando antropologo. Nel 1970, era diventato capo del movimento comunista giovanile ed era stato anche messo in carcere. La sua adesione alle Farc, movimento di ispirazione marxista e che sfrutta la miseria nelle campagne a fini di lotta politica, risale al 1982, anche se la consacrazione a leader è recente, quando nel 2008 l’organizzazione era stata decapitata per la morte del suo comandante.

Malgrado l’uomo fosse considerato più moderato del suo predecessore, aveva rifiutato qualsiasi tentativo di negoziato tra l’esercito e le Farc e di fatto non aveva acconsentito alla strategia del governo di sciogliere il movimento. Con la sua morte, la Colombia conferma il perseguimento dell’obiettivo di polverizzare i narcotrafficanti.

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