Dove essere gay è un reato

La corte suprema indiana ha emesso, in data 11/12, una sentenza che criminalizza gli atti sessuali omosessuali, rovesciando completamente il procedimento del 2009 dell’Alta Corte di Delhi aveva depenalizzato i rapporti consensuali tra adulti dello stesso sesso.

Risale al periodo coloniale, a 148 anni fa, la legge del codice penale che dichiarava un crimine contro natura l’omosessualità, punibile addirittura con 10 anni di carcere. In alcune aree di fondamentalismo mussulmano, come l’Iran e la Nigeria, l’essere gay porta ad andare incontro alla pena di morte.

Perché? Perché una nazione sceglie di discriminare in questo modo un diverso tipo d’amore? «Nella maggior parte dei casi il fondamento è religioso – dice Rosanna Iardino, fondatrice di NPS , presidente di Donne in rete, portavoce dell’associazione Equality Italia Milano – Motivo che tra l’altro è solo una scusa, che si rifà a dettami religiosi modificati nei secoli dalla dottrina che promuove la repressione anche su altri fronti, non solo contro l’omosessualità”.

Scontato che avvocati, attivisti e sostenitori della comunità gay abbiano “dichiarato guerra”: vogliono l’eliminazione della legge. “Ci sentiamo delusi, ma la nostra lotta non è finita e continueremo a combattere per il nostro diritto costituzionale” parole dell’avvocato Anand Grover, e ancora “è una terribile sconfitta per la comunità Lgbt – ha detto Ashok Row Kavi, un attivista gay indianoquesto provocherà maggiori problemi con la polizia e costringerà le persone che nascondono la loro identità sessuale a non rivolgersi alle strutture sanitarie”.

Si era fatto un passo avanti raggiungendo un’importante meta nel 1973 con l’eliminazione dell’omosessualità dal Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, negando così la sua precedente definizione di disordine mentale; nel 1977 il Québec fu il primo Stato al mondo a proibire a livello giuridico la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale; durante gli anni ottanta e novanta del secolo scorso, la maggior parte delle nazioni sviluppate approvò leggi decriminalizzanti il comportamento omosessuale e che proibivano la discriminazione contro persone lesbiche e gay nel lavoro, nei contratti d’affitto, in casa e nei servizi.
Questa è stata una doccia fredda.
Questa è stata una notizia che ci ha riportato nella triste realtà, realtà fatta di pregiudizio, di paura del diverso, di omofobia, di intolleranza e discriminazioni.

Il problema poi, paradossalmente, è anche in quei Paesi che sono completamente sprovvisti di leggi a riguardo, come ad esempio l’Italia che crede di poter cancellare il “problema” semplicemente non parlandone. Non è così.

L’attivismo politico del gruppo LGBT in Occidente, e soprattutto nelle aree metropolitane, è riuscito a sviluppare una cultura gay, semplificata nel movimento del gay pride, ma viene contrastato da numerosissime organizzazioni, soprattutto tradizionaliste, convinte che le relazioni sessuali con persone diverse da quelle del sesso opposto siano erosive nei confronti della famiglia tradizionale e che i bambini dovrebbero crescere in una casa che abbia un padre ed una madre.

Chi sono io per giudicare i gay?” Questa citazione di Papa Francesco riguarda ognuno si noi, nessuno escluso. Chi siamo noi per giudicare i gay, le lesbiche, i bisessuali, i transgender? Chi siamo noi per giudicare questo tipo d’amore?

L’amore non è un crimine.

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