Vado Ligure, chiusa la centrale Tirreno Power

Una nuova bufera travolge l’Italia dell’energia: a Vado Ligure è stata posta sotto sequestro la centrale elettrica della Tirreno Power, gestita dalla multinazionale Gdf Suez e dall’italiana Sorgenia.

In pratica il Gip ha chiesto e formalizzato l’immediata chiusura di due dei tre gruppi di produzione, quelli funzionanti a carbone, ossia i due gruppi che secondo le analisi effettuate non rispettano i parametri stabiliti dall’Aia. Il gruppo elettrogeno funzionante a gas (e non sottoposto ad alcun parametro) sarà regolarmente operativo. Il direttore della centrale Massimiliano Salvi è stato nominato custode giudiziario dei gruppi posti sotto sequestro.

Effettivamente sull’operato di Tirreno Power sono piovute mille accuse, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto ambientale. La centrale infatti avrebbe cospicuamente inquinato l’area circostante e le emissioni tossiche avrebbero causato un numero incredibile di morti. Ma passando agli atti di indagine, l’azienda è indagata sia sul fronte ambientale, sia per omicidio colposo in riferimento a 442 morti sospette dal 2000 al 2007. Gli indagati sono Giovanni Gosio, ex presidente di Tirreno Power, dimessosi qualche settimana fa e Pasquale D’Elia, il direttore della centrale.
Il procuratore Granero sostiene anche che dalla centrale siano stati causati «tra i 1.700 e i 2000 ricoveri di adulti per malattie respiratorie e cardiovascolari e 450 bambini sarebbero stati ricoverati per patologie respiratorie e attacchi d’asma tra il 2005 e il 2012».

Purtroppo si apre un’altra pagina in Italia di quelle che raccontano vicende interminabili e balletti tra potere e politica. Perché, se Taranto ci ha insegnato qualcosa, dovremmo capire ormai da soli che
se si decidesse di operare per salvaguardare l’ambiente e tutelare i territori, ci sarebbero inevitabili rivolte di lavoratori che, rimasti disoccupati per la chiusura definitiva dei gruppi a carbone, sosterrebbero il loro bisogno di lavorare anche nel pericolo di malattie respiratorie.
Se invece si decidesse di tenere aperta la fabbrica, i comitati ambientalisti e dei cittadini insorgerebbero contro una situazione che nel 2014 è effettivamente intollerabile. In un paese sviluppato gli impianti di produzione energetica dovrebbero essere all’avanguardia e non dovrebbero più causare malattie e morte.

La Tirreno Power intanto si difende e rimarca il fatto che, non essendoci state accurate analisi da parte delle autorità competenti e non essendoci alcun atto che attesti la colpevolezza della centrale nelle morti e nei ricoveri degli abitanti, non vi sono i presupposti per una chiusura dell’impianto: «Non sono mai stati sottoposte a un contraddittorio, non si comprende quale sia stato il metodo di valutazione di esposizione agli inquinanti. Tale mancanza di chiarezza è accompagnata dall’assenza della doverosa analisi di robustezza, di sensitività e quindi di affidabilità globale del metodo adottato. Anche per questo motivo non si può affermare in concreto alcun nesso di causalità»

Ma non bisogna scordarsi che siamo in Italia e che uno degli azionisti della centrale è De Benedetti (presidente Sorgenia), in rapporti anche con l’attuale Premier Matteo Renzi. Il Giornale oggi non si è risparmiato un attacco senza mezzi termini all’imprenditore e al quotidiano La Repubblica, chiedendosi se la testata avrebbe trattato i danni causati da Tirreno Power con la stessa indignazione che aveva riservato ai temi dell’Ilva di Taranto.

I veleni della Tirreno Power saranno raccontati con la stessa schiena dritta che era stata riservata all’Ilva?

Certo è che, i due casi sono terribilmente analoghi e di difficilissima soluzione, visto che se da una parte non ci si può permettere la perdita di posti di lavoro in un periodo di crisi come quello che il Paese vive attualmente, non è neanche possibile continuare a sottostare ad un ricatto occupazionale che rischia di mettere a rischio la salute e la vita degli abitanti di questi territori.

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