G20, divergenze su indicatori globali degli squilibri

Al vertice del G20 in corso a Parigi, che vede impegnati i ministri economici e finanziari dei 20 Paesi più industrializzati del pianeta, si discute di economia globale, ma questa volta, rispetto al passato, si stanno affrontando tematiche, che vanno dritte al cuore di determinati problemi internazionali, provocando inevitabili discussioni e incomprensioni tra interessi divergenti.

Sì, perchè il tema fondamentale di cui si discute riguarda gli squilibri globali, che minacciano la crescita dell’economia di tutto il pianeta, se non prontamente sterilizzati e riportati verso un sentiero di equilibrio; in linea di massima, difficile che qualcuno si dica favorevole agli squilibri, ma poi quando si discute su quali siano gli squilibri e come individuarli, ecco che le discussioni diventano davvero interessanti.

Infatti, alcuni squilibri globali, presentati al tavolo del G20, sarebbero segnalati da persistenti surplus o deficit delle bilance di pagamento degli stati, dai livelli di riserve valutarie e dai tassi di cambio. Quest’ultimo punto è sensibilissimo per gli interessi di alcuni stati come la Cina; il Ministro del Tesoro USA, Timothy Geithner, aveva proposto di valutare l’equilibrio del tasso di cambio, rispetto al suo livello di cambio naturale, che si determina in economia facendo riferimento al confronto tra i prezzi tra due e più Paesi e alle loro evoluzioni nel tempo. La Cina ha subito risposto che non se ne parla; se si adottase questo criterio, Pechino sarebbe “costretta” a rivalutare il tasso di cambio di parecchie decine di punti, con ripercussioni negative sull’interscambio commerciale.

E lo stesso scontro, dunque, si profila per tutti gli altri indicatori. A dire il vero, sembra il vertice delle economie già mature contro le emergenti. Se non si affronta seriamente il problema degli squilibri forzati di alcune economie-chiave come la Cina, non si esce più da queste considerazioni, che rischiano di rimanere lettera morta.

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