Abete dichiara: “Mai contattato Ranieri per la Nazionale”

L’attuale presidente della FIGC, Giancarlo Abete, in’un intervista presso un’emittente romana, ha dichiarato che non ha mai contattato l’ex-allenatore della Roma, Claudio Ranieri, per la guida della Nazionale.

Il presidente ha, inoltre, aggiunto sue opinioni circa Montella e i plausibili investitori stranieri per la Roma.

Ecco le parole su Ranieri: “Noi abbiamo fatto una prima scelta che è stata quella di Prandelli. Abbiamo rispettato quelle che erano le posizioni contrattuali da parte degli allenatori. Senza dubbio, all’interno di un gruppo di tecnici, Ranieri rappresentava un livello molto elevato, fermo restando che non è mai stato contattato”. Su Montella, Abete dichiara: “Montella è una persona intelligente, come lo era a livello calcistico lo sarà a livello di tecnico, ha iniziato dall’attività giovanile. Penso che Ranieri abbia dato le dimissioni per dare una scossa a un ambiente che diventava complesso. Lui stesso ha rappresentato che diventava difficile gestire la squadra nella fase finale. Ranieri rimane, ovviamente, un ottimo allenatore che ha ottenuto risultati importanti e che si è contraddistinto per una qualità anche dei comportamenti di cui tutti dovrebbero prendere atto”.

Inoltre, Abete esprime due considerazioni sugli investitori stranieri per la Roma: “dobbiamo essere aperti, l’Italia deve essere aperta agli investimenti stranieri. Fino ad adesso si è visto poco in Italia. Ci sono i pro, perchè facciamo parte di un mercato globale: vengono dall’estero, portano delle risorse, puntano sul trend Roma. C’è però un maggior rischio di lontananza: la storia del nostro calcio è fatta di grandi famiglie e, nonostante tutti i problemi che oggi il nostro calcio ha, noi rimaniamo in Europa la nazione che ha vinto più trofei in ambito di nazionale. Nonostante questo momento di scarsi risultati, se andiamo a fare la storia delle squadre italiane nelle competizioni della Uefa, noi siamo ancora i più forti. Tutto questo è stato storicamente possibile attraverso la fedeltà a determinate realtà legate a grandi famiglie imprenditoriali. Parlo degli Agnelli, dei Moratti, dei Berlusconi, parlo, anche se per un periodo più limitato, dei Sensi, parlo dei Della Valle, dei De Laurentiis. Ci sono oggi in Serie A società che hanno risultati in perdita, ma finché rimane la dimensione affettiva sul versante della partecipazione dirigenziale, c’è la voglia di mettere il cuore al di là degli ostacoli… Nel momento in cui arriva l’investitore straniero, si può avere un imprenditore più efficiente e più attento ai conti, perché ha meno rapporto emozionale. E’ una persona più lucida nell’individuare il business, ma ovviamente ha un minore trasporto passionale. Abbiamo un imprenditore più distaccato: se poi le cose non vanno bene, è più facile per una persona che vive a Boston o a Chicago, o a Detroit, dire ‘Mi dispiace, non è andata bene, amici come prima’. Quindi da un punto di vista culturale noi dobbiamo essere aperti, perchè se il nostro prodotto non è attrattivo per l’estero, deve diventare elemento di preoccupazione, però c’è anche il rovescio della medaglia. L’investitore straniero non è tifoso della squadra, è simpatizzante o lo può diventare, gli piace vedere la squadra giocare ma gli interessa il business. Quindi dobbiamo vedere gli investitori con grande attenzione e selezionarli volta per volta”.

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