Caso Yara : nuovo testimone

Yara Gambirasio era scomparsa lo scorso 26 novembre 2010 e dopo mesi di estenuanti ricerche il suo corpo era stato ritrovato su un campo di Chignolo d’Isola (Bergamo). Un testimone, un quarantenne anonimo, ha inviato una lettera all’Eco di Bergamo raccontando di quel 26 novembre e della sua presenza alle ore 19 nello stesso luogo dove è stata ritrovata la povera Yara. Il giornale di Bergamo ha pubblicato alcuni pezzi della lettera in cui l’uomo scrive che in quel tardo pomeriggio si trovava nei pressi del campo in via Bedeschi, in compagnia di una prostituta, motivo per il quale ci tiene a mantenere l’anonimato sulla sua identità. L’uomo continua affermando di abitare a 40 chilometri di distanza ma di recarsi spesso in quella zona per motivi di lavoro.

Quella sera ricorda di aver visto tre ragazzi che s’inoltravano nel campo e di averli illuminati con i fari della sua auto. Fu la donna con la quale era in compagnia ad indicargli lo spiazzo che si trova proprio di fronte al campo designato. Il racconto dell’uomo continua con la dichiarazione di aver notato parcheggiati in fondo alla strada degli scooter, precisando che secondo lui si tratterebbe di quelli che escludono l’obbligo della patente e quindi di piccola cilindrata, anche se tiene ad sottolineare di non essere un grande esperto di motori. Lì ha notato due caschi, uno dei quali a terra. Sostiene inoltre che i fari della sua auto hanno illuminato delle figure che si addentravano proprio in quel campo. Secondo l’uomo i tre giovani probabilmente stavano litigando o scherzando. Nel suo racconto afferma che solo quando il corpo senza vita di Yara è stato ritrovato in quello stesso campo il 26 febbraio 2011, ha ricollegato il fatto avvenuto quel 26 novembre con la tragica scomparsa della giovane tredicenne.

L’uomo asserisce di essere sicuro del luogo e di averlo riconosciuto subito vedendolo in televisione. Dopo aver preso come punti di riferimento la discoteca e il capannone, vi è tornato di giorno per sondare qualsiasi dubbio e asserisce con fermezza che il luogo era quello, di aver visto quei ragazzi che a quella precisa ora andavano in quella direzione.

La sua storia è spezzata dal senso di colpa per non aver chiamato subito quel 26 febbraio, quando quello stesso campo che sembrava aver inghiottito la povera Yara, ha restituito i suoi resti alla famiglia e al mondo intero che la cercava e che ancora si chiedeva e sperava sulla sua ignara sorte.

Impostazioni privacy