Finlandia, cosa succede dopo le urne

L’esito delle elezioni finlandesi di domenica è stato chiaro: ha vinto il centro-destra, ma più la destra che il centro. A Helsinki si guarda ora ai numeri, che non lasciano spazio alla fantasia; il prossimo governo non potrà che essere di coalizione con il partito di Timo Soini, “Veri finlandesi”, che raccogliendo il 20,4% dei consensi e 39 deputati su 200, diventa determinante per la formazione del prossimo esecutivo di centro-destra in Finlandia. Il vero sconfitto alle urne è il partito centrista dell’attuale premier Kiviniemi, che perde otto punti e la guida del nuovo governo, piazzandosi persino dietro i socialdemocratici, al quarto posto.

A formare il nuovo governo ci penserà l’attuale Ministro delle Finanze, Jyrki Katainen, che a capo della “Coalizione Nazionale”, partito conservatore di centro-destra, ha ottenuto 44 deputati e si è piazzato come primo partito finladese.

Ma le ripercussioni non riguarderanno solo la Finlandia. Il voto di Helsinki, infatti, è qualcosa che ha molto a che vedere con l’Europa, e che si chiama immigrazione e salvataggi. Quanto alla prima questione, “Veri finlandesi” ha un’idea chiara e ha dilagato nei consensi, proprio chiedendo una politica più restrittiva sull’immigrazione, che farà pesare all’Unione Europea. Ma è sul secondo punto che Bruxelles guarda con apprensione all’esito del voto, perchè il partito di Soini si oppone all’utilizzo di soldi pubblici, anche finlandesi, per salvare banche private o stati indebitati; e con il dossier Portogallo in pieno svolgimento, un’eventuale opposizione di Helsinki al bailout di Lisbona risulterebbe difficile da superare, dato che il solo voto contrario della Finlandia bloccherebbe il piano di salvataggio. Ma il futuro premier Katainen ha già fatto sapere in campagna elettorale che non si opporrà al salvataggio del Portogallo, ma di certo da ora in avanti la musica sarà destinata a cambiare.

Il voto finnico racchiude i malumori disseminati, in verità, un pò in tutta Europa, dove alle popolazioni viene richiesto di stringere la cinghia, mentre i soldi dei contribuenti vengono utilizzati per i salvataggi di colossi bancari e stati spreconi. E’ lo stesso segnale che alcune settimane fa è giunto persino dalle amministrative tedesche, dove il partito della Cancelliera, Angela Merkel, la Cdu-Csu, ha perso la storica roccaforte di Stoccarda, dopo oltre 60 anni di potere. E nonostante i buoni risultati dell’economia in Germania, i tedeschi stanno punendo la coalizione al governo a Berlino, per l’insoddisfazione verso un’Europa troppo lassista con gli stati spreconi. E tutto ciò, malgrado la Germania della Merkel sia il Paese più rigoroso verso i salvataggi.

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