Pdl vuole premio su base nazionale al Senato

E’ in fase di rifinitura la riforma della legge elettorale che il Popolo della Libertà intende presentare tra oggi e domani al Senato e che prevede di assegnare anche per i seggi al Senato un premio su base nazionale, anzichè su base regionale, come è avvenuto per le ultime due elezioni politiche del 2006 e del 2008. In sostanza, secondo l’ipotesi di riforma della legge elettorale del Pdl, anche al Senato, come già avviene alla Camera, il premio di maggioranza verrebbe assegnato alla coalizione o partito che prende più voti su base nazionale, non più alla coalizione o partito che prende più voti nella singola regione; con ciò si eviterebbe il rischio, insito nella legge, che una coalizione vince le elezioni alla Camera, avendo preso più voti, ma poi, per effetto della distribuzione diversa dei seggi al Senato, un’altra coalizione potrebbe avere la maggioranza nell’altro ramo del Parlamento.

Già nel 2005, quando si passò dai collegi uninominali all’attuale legge elettorale, la maggioranza aveva proposto una riforma in tal senso, prevedendo sia per Camera che Senato l’assegnazione del premio di maggioranza su base nazionale, poi però bocciata dal Quirinale, poichè l’allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, la considerò incostituzionale, poichè la Costituzione parla di collegi regionali al Senato.

E proprio per ovviare a questo, appunto, l’ipotesi di riforma del Pdl prevederebbe la ripartizione dei seggi assegnati con il premio di maggioranza (nazionale) al Senato, secondo criteri di regionalità.

Ma cosa significherebbe questa ipotesi di nuova legge elettorale per la geografia e gli equilibri politici? Senz’altro, la scomparsa del Terzo Polo. Con questa nuova legge elettorale, infatti, vincerebbe solo una o l’altra coalizione, ma non ci sarebbe spazio a partiti terzi, che dunque non potrebbero più sperare di prendere qualche seggio al Senato, tramite qualche regione, determinando una situazione da ago della bilancia. Detto in parole povere, sarebbe la fine di Fini, che non potendo rientrare nella maggioranza, nè presentarsi a sinistra, andrebbe incontro a morte certa.

In teoria, la maggioranza avrebbe i numeri necessari a fare approvare la nuova legge. Quasi impossibile che le opposizioni votino a favore, compreso lo stesso Pd. Certo, se ci fossero tentennamenti interni al centro-destra, sarebbe difficile approvare la riforma alla legge elettorale, ma se il Cavaliere riuscisse a teneri saldi i senatori, così come i deputati, nel giro di pochi mesi si avrebbe un nuovo sistema di voto, che sancirebbe l’uscita di scena di Fini dalla politica.

 

 

 

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