Cina alle prese con rischio inflazione

La Cina vive mesi di preoccupazione, a causa di una crescita così impetuosa, che i vari tentativi di raffreddarla non sono andati, ad oggi, a buon fine; i pensieri del governo di Pechino sono concentrati sul tasso di inflazione, in sensibile rialzo dal secondo semestre del 2010, e che a marzo ha raggiunto la soglia del 5,4%, su base annua, scatenando i timori per un’eccessivo surriscaldamento dei prezzi.

Quest’anno, la crescita economica del nuovo gigante asiatico ha sfiorato il 10%, attualmente collocandosi al 9,7%, nel primo trimestre. Un tasso, che porta con sè anche una crescita poco controllabile dei prezzi, che oltrepassando la soglia del 5% annuo, diventano pericolosi per la tenuta sociale del Paese e per la crescita futura della stessa economia.

La banca centrale ha per ben quattro volte, dal mese di ottobre del 2010, alzato i tassi depo e repo, ossia i tassi sui depositi bancari presso le riserve centrali, per incoraggiare i risparmi, e i tassi sui prestiti concessi alle banche, per scoraggiare i prestiti. In più, sono state riviste al rialzo anche i depositi obbligatori per le banche, oggi pari al 20,5%, ma malgrado tutto ciò, i  prezzi continuano a salire, anche per effetto dell’aumento delle quotazioni delle materie prime e dell’imponente boom dell’edilizia, che rappresenta per Pechino altro fattore di preoccupazione, con una bolla immobiliare in vista.

Resta poi il problema assai squilibrato del tasso di cambio, che volutamente Pechino tiene a livelli fissi e sottovalutati, rispetto alle valute straniere. Ciò incentiva le esportazioni, al contempo facendo entrare liquidità eccessiva, senza che vi si pongano i freni, derivanti dall’apprezzamento della valuta, secondo le forze del libero mercato.

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