Yemen, Saleh pronto a dimettersi

Sta per giungere forse a conclusione la vicenda della crisi politica yemenita, con le forze di opposizioni che protestano in manifestazioni di piazza contro il regime di Abdullah Saleh, al potere dal 1979, richiedendone le dimissioni da quando in Nordafrica sono esplose le tensioni che hanno portato alla cacciata di ben Alì e di Hosni Mubarak. A Sana’a i morti sono stati diversi, in questi ultimi tre mesi, ma di certo la situazione non ha subito quella degenerazione di altri stati arabi, anche perché sin dall’inizio il raìs ha espresso la sua disponibilità a valutare ogni ipotesi per non fare sprofondare il Paese nelle tensioni. Agli inizi di questa crisi, infatti, Saleh aveva promesso di non ricandidarsi più alla presidenza dello stato, ma confermando di rimanere in carica fino alla fine del mandato. Ma in questi ultimissimi giorni la sua posizione è stata rivista, dopo che le forze di opposizione hanno incontrato il Consiglio degli Stati del Golfo, il quale ha voluto mediare, alla ricerca di una situazione pacifica che preservasse la penisola araba dalle tensioni registratesi in tutto il resto del mondo arabo e ancora drammaticamente in corso.

Nei giorni scorsi il consiglio del golfo aveva annunciato la volontà di incontrare anche i vertici del governo di Sana’a, cosa che è avvenuta, a quanto pare, con un esito parecchio positivo. Il presidente Saleh, infatti, ha annunciato che intende dimettersi, per dare vita a una fase di transizione politica, entro i prossimi trenta giorni. E dalle opposizioni, che avevano escluso di potere fare parte di un esecutivo di unità nazionale, dopo l’annuncio di Saleh i toni sono cambiati, paventando la possibilità di un loro ingresso.

Una situazione, quindi, che volge al meglio, con un clima che tende alla distensione tra le parti e con un esito pacifico, sebbene anche nello Yemen ci sono stati alcuni morti a causa dell’uso violento della forza da parte dell’esercito.

Ma nulla di paragonabile al precipitare degli eventi in Siria, dove i morti sarebbero un centinaio, a seguito degli scontri del Venerdì Santo, quando le forze dell’ordine hanno disperso i manifestanti in diverse città dello stato, tra cui la capitale Damasco.

La tensione tra la popolazione civile e il regime brutale di Assad resta così alta che la diplomazia americana ha invitato in queste ore i cittadini americani che vivono nel Paese, per motivi non molto necessari, ad abbandonare la Siria.

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