E Berlusconi non si fida di Tremonti, sarà un secondo Fini

Il caso delle distanze tra Berlusconi e Bossi, tra il Pdl e Lega, sul caso Libia, è qualcosa che sta scuotendo profondamente il premier, sempre più convinto che alla base delle divergenze ci siano volutamente alcune esagerazioni, esasperate da chi, all’interno del governo, vorrebbe ritagliarsi uno spazio politico più importante, a discapito anche della figura del presidente del consiglio. Per intenderci, Silvio Berlusconi teme e sostiene l’idea che dietro le frizioni della Lega ci sia il suo Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Che i rapporti tra i due non siano buoni non è una notizia: il premier vorrebbe accelerare su una politica di sostegno alla crescita, passando per una riduzione delle tasse. Tremonti non sarebbe disponibile e punta su misure di controllo e contenimento del mercato, attirandosi gli strali del mondo dell’imprenditoria e della stessa base elettorale del centro-destra. Ma ci sarebbero poi dissapori anche sul piano più strettamente personale, con un Tremonti indispettito per il sostegno italiano di Berlusconi su Draghi a capo della BCE. E’ infatti noto che tra il governatore di Bankitalia e l’attuale numero uno di via XX settembre ci siano sempre stati forti dissapori.

E non sarebbe proprio andata giù al socialisteggiante Tremonti la benedizione pubblica, al vertice italo-francese, di Berlusconi sull’Opa dei francesi di Lactalis su Parmalat. Quelle parole hanno suonato come una sconfitta per il ministro, che aveva fortemente voluto e varato in tutta fretta un decreto per bloccare la possibile scalata dei francesi. Ora Tremonti rischia la ridicolizzazione, perchè i suoi atti trasudano di visione dirigista, che non trovano poi realizzazione concreta sui mercati e ora nemmeno sostegno dal suo stesso premier.

Ma il ministro nega che ci sia lui dietro la Lega e le sue bizze sulla Libia e giudica ridicole le voci. Ma non è un caso che gli attacchi più duri continuino a partire dalle pagine de “Il Giornale”, edito dalla famiglia Berlusconi. Il nome di Tremonti inizia ad essere accostato in modo crescente a quello di Fini, cioè di colui che tradì un’alleanza che pareva di acciaio, per ambizioni velleitarie, da realizzarsi nell’immediato. Sarà un caso, ma Fini fece proprio il nome di Giulio per il dopo Berlusconi.

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