Scontro BCE-Ecofin su “default dolce” per Atene

Non sono rientrate le differenze di posizioni già palesatesi nelle scorse settimane tra la Banca Centrale Europea e diverse cancellerie, Berlino in testa. Da Francoforte, il vice di Trichet, Vitor Constancio ha ribadito il “no” secco dell’Eurotower a qualsiasi ipotesi di default, sia esso chiamato “haircut” (taglio nominale del valore di rimborso), sia esso il “re-profiling”, ossia un allungamento delle scadenze, magari su base volontaria, come proposto dal Presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker.

Dunque, la BCE non ci sta ad avallare un’operazione che considera devastante per la fiducia dei mercati, soprattutto per le conseguenze di impatto sul sistema bancario, che verrebbe esposto alla tempesta finanziaria.

Il rifiuto della BCE peserà sul progetto avallato da Eurogruppo ed Ecofin, in quanto difficilmente potrà essere attuata la misura voluta da Juncker e di fatto sposata da stati come la Germania.

Già nei giorni scorsi, il reprofiling è stato chiamato un default “soft”, vale a dire un modo per garantire la ristrutturazione del debito greco, senza dirlo chiaramente, per paura della reazione sui mercati finanziari.

Ma dopo la dura presa di posizione da Francoforte, il governo di Berlino, per bocca del suo massimo rappresentante, il cancelliere Angela Merkel, tuona contro gli stati periferici. Quella che forse potremmo definire la nuova “lady di ferro” ha dichiarato che non è ammissibile che Paesi come la Grecia, il Portogallo e la Spagna abbiano un’età pensionabile più bassa della Germania, pur avendo tutti la stessa moneta. Non si tratta, ha continuato la Merkel, solo di non fare debiti, ma di capire che non è possibile che alcuni abbiano molte più vacanze degli altri.

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