Yemen, chiuso aeroporto Sana’a. USA invitano a lasciare lo stato

Washington ha diffuso un invito, rivolto a tutti i cittadini americani che vivono nello Yemen, di lasciare lo stato golfico appena possibile, qualora non appartengano al personale diplomatico strettamente necessario. L’invito della diplomazia USA giunge dopo l’intensificarsi degli scontri di questi giorni tra le forze fedeli al regime di Alì Abdullah Saleh e quelle di opposizione, che manifestano nelle piazze di tutto il Paese per chiederne la cacciata. Ieri il governo yemenita ha reso noto che l’aeroporto della capitale Sana’a è stato chiuso, mentre i voli sono stati dirottati nell’aeroporto di Aden, nel sud del Paese. La ragione di tale blocco dei voli nella capitale consiste nel fatto che ci sarebbero scontri tra milizie opposte e combattimenti tra forze pro e contro Saleh. In particolare, lo scontro sarebbe tra una tribù-clan legata a un potente capo locale e le forze militari. I combattimenti avrebbero lasciato già sul campo 44 morti solo negli ultimi due giorni e sono iniziati con un blitz in alcuni edifici di Sana’a occupati da uomini della tribù, la quale si sarebbe rivoltata contro il regime di Saleh.

Gli Stati Uniti hanno sollecitato il presidente dello Yemen a lasciare il potere, passando le insegne ad altri e agevolando una svolta pacifica. Invito che non pare essere stato colto dall’uomo che occupa il potere a Sana’a dal 1979, senza averlo mai mollato. In particolare, Saleh sarebbe preoccupato della possibilità di incorrere in processi per vari crimini commessi in questi 32 anni di regime e ha più volte chiesto garanzie certe per sè e il figlio, fino a qualche mese fa considerato il suo successore naturale.

Nonostante in una prima fase gli oppositori non sembrassero disposti a trattare su questo punto, tuttavia, grazie alla mediazione del Consiglio della comunità del golfo, si era giunti a un compromesso che avrebbe garantito una sorta di immunità in favore di Saleh e il figlio. Questo in teoria avrebbe dovuto consentire la firma dell’accordo, ma il presidente ha più volte annunciato l’accettazione del compromesso, salvo poi ripensarci all’ultimo minuto e non firmare. Questo atteggiamento ha esacerbato gli animi al punto da fare precipitare il Paese quasi in una guerra civile.

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