Milano e Napoli, candidati catapultati non funzionano più

Non sappiamo come finiranno le partite a Milano e a Napoli, che domani e lunedì saranno chiamate ad eleggere il loro sindaco al ballottaggio. Due città, in cui per tradizione nella prima e per le vicissitudini degli ultimi anni nella seconda, il centro-destra avrebbe dovuto vincere a mani basse. Invece, non solo si va al ballottaggio, ma addirittura a Milano si parte con sei punti di svantaggio e a Napoli la partita non è facile, anche se qui si parte con un vantaggio sul rivale del centro-sinistra. Le ragioni di tale debacle non sono semplici da individuare, intrecciandosi questioni complesse come la crisi economica, il bombardamento mediatico contro il premier e la delusione degli elettori moderati verso un’azione di governo, che da oltre un anno arranca, girando solo su equilibri politici giornalieri. Tutto vero. Ma il voto del primo turno di Milano e Napoli ci dice anche e soprattutto un’altra cosa: è finita l’epoca dei candidati scelti a palazzo e poi indicati al popolo con qualche settimana di anticipo sulla data delle elezioni. Questo metodo feudale di “nomina” dei candidati a sindaco, a presidente della provincia e a governatore delle regioni non funziona più.

Non funziona, perchè i cittadini-elettori hanno preso coscienza del fatto che la classe politica che li governa è piuttosto mediocre, pretendendo ora di potere partecipare alla scelta di coloro che li rappresenteranno nei vari appuntamenti elettorali. Per quasi un ventennio, nella cosiddetta “seconda repubblica”, gli elettori dell’uno e dell’altro schieramento hanno votato per i propri uomini, turandosi il naso, per citare Montanelli.

Complici i risultati scadenti dell’azione amministrativa in molte zone del Paese e la considerazione che i problemi dell’Italia sono sempre gli stessi, questo equilibrio tra eletto ed elettore sembra essersi rotto. Lo è stato per il centro-sinistra e continua ad esserlo, ma la novità é che ora riguarda anche il centro-destra, dove l’elettore-tipo, prima dormiente e che ha per anni delegato la scelta degli uomini da candidare ai vari livelli, sembra oggi avere scoperto la voglia di partecipare ai processi interni ai partiti, che dovrebbero vedere il coinvolgimento della base; ma in ciò sono stati frustrati da un PDL insensibile del tutto ancora oggi all’idea di scelte condivise dal basso e dalla solitudine di candidati, come la Moratti, avvertiti per anni di avere governato la città, lontani dal rapporto con la città e con il proprio elettorato. Silvio lo sa e non si esclude che da martedì ci sorprenda proprio con una svolta epocale nel PDL.

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