Il dopo-elezioni, Bondi si dimette e verso Alfano coordinatore unico

Il crollo del PDL, sia in termini di consensi raccolti al primo turno, sia come capacità di attirare il voto dei moderati, per la scelta dei sindaci di importantissimi realtà come Milano e Napoli non ha lasciato indifferente i vertici nazionali del partito. Come già pre-annunciato da tempo, l’ex ministro Sandro Bondi ha rassegnato le dimissioni da coordinatore nazionale del PDL, ruolo che ricopriva da tre anni insieme a Ignazio La Russa e Denis Verdini. Nel comunicare la sua decisione, Bondi si è assunto, per ciò che gli compete, la sua parte di responsabilità per la brutta performance registrata dal PDL e dai suoi candidati, in questa tornata elettorale. E per un coordinatore che lascia, altri due traballano, se è vero che in tarda serata, commentando il disastro elettorale, La Russa ha evidenziato come questo risultato metta tutti in discussione, il che sarebbe un modo meno diretto di dire che il proprio mandato è a disposizione. Rimane da capire cosa voglia fare l’altro coordinatore, Verdini, da mesi al centro di scandali che lo vedono coinvolto in vicende poco chiare e che certamente hanno contribuito a indebolire l’immagine del partito tra gli elettori.

Ad ogni modo, voglia o meno, anche Verdini presto sarà costretto a lasciare, dopo le dichiarazioni del premier Berlusconi, da Bucarest, il quale ha comunicato che starebbe pensando a un coordinatore unico nazionale nella figura di Angelino Alfano, l’attuale ministro della giustizia.

Di Alfano ccordinatore unico si era già parlato nei mesi scorsi, ma dagli stessi coordinatori nazionali era giunto uno stop, ponendo la cosa nel dimenticatoio. Non è affatto un mistero che Berlusconi veda Alfano di buon occhio persino nel ruolo di successore alla premiership. E anche su questo fronte, le divisioni interne non hanno reso possibile, ad oggi, l’individuazione di un nome condiviso, a causa del clima di balcanizzazione che si vive nel partito da mesi, con contrasti crescenti tra correnti vere o presunte, oltre che tra singole personalità politiche.

Ma il dato elettorale di ieri avrebbe accelerato e consolidato la consapevolezza del premier della necessità di mettere mano al partito, anche scontentando gli attuali vertici. Di certo, da oggi non tutti potranno essere accontentati nel PDL e forse è giunto il momento del “chi sbaglia paga“.

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