Le quattro proposte di Veneziani per il centro-destra

Se il Popolo della Libertà avesse vinto le elezioni a Milano e a Napoli, nulla sarebbe cambiato, rispetto agli equilibri attuali, non in termini organizzativi, né nel senso di una diversa marcia nell’azione di governo e non ne sarebbe scaturita alcuna riflessione sul modello di partito più idoneo. Insomma, questo non vuole certo significare che perdere le elezioni faccia più bene che vincerle, perché non è così. Ma una sconfitta “una tantum” può di certo portare a una maggiore consapevolezza dei propri limiti e ad una maggiore ricerca di migliori approdi, rispetto a una situazione in cui ci si crogiola di vittorie a raffica, senza essere così in grado di intercettare il malcontento del proprio elettorato. E quello che sta avvenendo in questi giorni dentro al PDL è una vera benedizione, forse, grazie alla vivacità del dibattito, alla differenza di proposte presentate e al confronto serio e non lacerante, in atto.

Per la prima volta dal 1994, il premier Berlusconi ha capito che il carisma del leader non può prescindere da un radicamento sul territorio, né dalla presenza di corpi intermedi che fungano da tramite tra la base degli elettori e i vertici nazionali.

E così, dalle colonne de “Il Giornale”, anche il giornalista e insigne intellettuale di destra, Marcello Veneziani, ha lanciato le sue quattro proposte per rilanciare l’asfittico PDL, dopo le elezioni di queste amministrative.

Primo: prendere atto che si è concluso un ciclo politico, evitando di distruggere tutto, ma concentrandosi sulle riforme da fare, soprattutto lavoro, fisco, famiglia e pubblica amministrazione. La giustizia può seguire, ma non essere il centro di tutte le riforme.

Secondo: Berlusconi dovrebbe annunciare di non presentarsi più alla corsa per la premiership nel 2013, preparando almeno tre candidati che rappresentino le anime di tutto il centro-destra, quella cattolica, quella liberale e la destra più sociale.

Terzo: stringere un accordo con Casini, prospettandogli la possibilità di correre per la guida del governo nel 2013, magari contrapponendosi a Tremonti. Anche a lui converrebbe aspirare ad essere il futuro leader di una coalizione, più che ad essere il parente sfigato, insieme a Fini e Rutelli.

Quarto: nuova guida unica per il PDL, magari giovane e fresca (Alfano?). Basta con tre coordinatori, ma un uomo unico alla guida del partito, magari fondato su tre gambe, rappresentative delle varie anime dell’elettorato (le tre di cui sopra: liberale, cattolica, destra nazionale).

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